Da Napster in poi è cambiato tutto. Siamo stati ammorbati e ammaliati, lentamente, dolcemente. Un’offerta mai vista. Tutto gratis, ovunque. Da pc, da telefono, da qualsivoglia dispositivo.

Da ragazzino quando dovevo dare la caccia ad un brano mi attaccavo alla radio. Da stazione a stazione. Altro che one nation one station, abito una landa desolata offuscata da colline, non si riceve un cazzo. Arrivava tutto in differita di mesi. Oppure, speravi nelle anteprime di Deejay Television: con lo stereo incollato alla tv, tasto su rec, attendevi che Linus o Lorenzo ‘sputo mentre parlo’ Cherubini lanciassero il tuo video preferito.

Si era messi male, si credeva di essere messi bene.

Sean Parker, dicevo, sovvertì tutto questo. Non era solo musica gratis. Era musica subito. Lì, pronta, accessibile. Click. In origine era 56k, tempo di download 6/7 minuti, poi adsl, poi fibra, poi streaming, ora non c’è nemmeno più da aspettare. Alexa caga il cazzo così, vuoi ascoltare questa ? Ma santiddio. E' troppo.

Comunque, non sono mai stato un fan del cazzeggio radiofonico, del tipo: ascolto di tutto. Perché molti lo fanno. Parli di ogni, parli di musica. Che ascolti ? Ah, io ascolto di tutto. Ma come cazzo si fa ? Che vuol dire ascolto di tutto ? Sì, anche io spazio dai Prefab Sprout agli Enigma, ma non ascolto di tutto: sono selettivo, settoriale, nicchioso.

E comunque, ho smesso di credere alle novità da tempo immemore. Vivo nel passato, vivo di ricordi, vivo di anni 90 e 80. In un continuum temporale che va, possiamo dire, dal 1981 al 2000 suppergiù. Con qualche rarefatta eccezione.

Certo: ho cavalcato come tutti l’onda di Napster e affini per le rarità, per avere una libreria affinata e raffinata, per l’introvabile. Andate voi alla Ricordi Mediastore a chiedere ‘Too Tight’ di Hammer o ‘Togetherland’ di Seal, suvvia. Ed è vero: i negozi propriamente detti non appena qualche articolo andava fuori catalogo, zac. Introvabile, irreperibile, arrangiati. Oppure: dammi una caparra che te lo cerco. Fanculo. Figurati quelli mai usciti, come i due sopra citati.

Sono diventato virtuale, anche con gli stores: amazon, rigorosamente .com e .co.uk, gemm, play, ebay, eccetera. Cerca che ti ricerca, si trova tutto.

Da ridere: perfino roba italiana, che in Italia non si trova, la trovi all’estero.

Comunque: smisi di seguire il panorama musicale italiano quando Enrico Ruggeri vinse il festival con una porcata intitolata ‘Mistero’ e quello internazionale quando Robbie Williams oscurò Gary Barlow.

Figurati la radio. Ma giusto quando non posso starmene a casa a seguire la mia Inter, allora, per forza di cose, in macchina, mi tocca accenderla e se non trovo Roberto Scarpini mi accontento di quegli sfigati di Radio 1. Ultimamente ho scaricato le app di DAZN e SKY ma ho preso un cinghiale, siamo vivi per miracolo, e i familiari me le hanno fatte disinstallare.

A meno di subirla, passivamente. Esiste la radio passiva. Cioè. Entri in un centro commerciale, vai al bar, a fare i massaggi (non quelli con happy ending, lì è d’uopo il silenzio) e ti trovi la radio. Normalmente sono radio sfigate, ti passano Max Pezzali, D’alessio, Lady Gaga, ‘sta porcheria qua.

Mesi fa ero in palestra. Di solito ho il mio iPad. Perché, appunto, passano merda per le donne che fanno i corsi tipo pilates, tranne quando c’è l’istruttore che ama Travis Scott, e allora ecco, mette su Spotify con la sua playlist, e me la godo.

Dicevo: quel giorno c’era la radio, solita stazione musica italiana: estate vivere a colori ho voglia di ballare cantare, insomma, un delirio così.

Poi arriva ‘sta canzone. Vacca d’un diavolo. Un’atmosfera cupa, un suono che mi entra dentro esplode, riecheggia, sento fragore tremendo. Interrompo l’esercizio, vado a googlare il testo. Non so chi sia lui, non conosco la canzone. Scopro che è vecchia di 5 anni. Chiaro, non ascoltando più nulla di nuova mi era sempre sfuggita.

Vado in loop. Per giorni non ascolto altro. Dopo mesi, per rispetto e correttezza, ascolto qualcos’altro dello stesso autore: mi fanno tutte cagare.

L’ultima festa’ è qualcosa di terribilmente permeato con il mio bisogno di musica. Non con i miei gusti: con il mio bisogno. E’ arrivata, l’ho fatta mia. Ha catturato tutt’intorno tutto ciò che ha potuto.

Vive e muore con me.

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