Gli inglesi Cradle Of Filth, si sa, sono considerati i vampirelli del metal. Dal 1993 il gruppo ci propone un black metal sinfonico dalle tinte molto gotiche, in seguito arricchito da influenze più thrash e death-oriented. Quello che vado a recensire è il loro secondo album, nonché il più atmosferico della loro carriera, e da molti considerato il loro capolavoro. Concordo in quest'affermazione, "Dusk... And Her Embrace" infatti è un concentrato di atmosfere malinconiche, macabre, degna colonna sonora per opere quali il "Dracula" di Stoker. I testi, lunghi e privi d'una forma canzone vera e propria, sono caratterizzati da numerosi arcaismi e giochi di parole tipicamente inglesi, espressione della vasta cultura del cantante Dani Filth sono inoltre ricchi di riferimenti a letteratura romantica, occultismo, mitologia e morbosità erotica. Davvero unica la voce del già citato cantante capace di esprimersi con uno scream strozzato ma intenso, e con un tono profondo e sensuale nelle parti recitate, una voce molto particolare che può talvolta risultare sgradevole.

Un'intro solenne con tastiere e cori ci introduce a "Heaven Torn Asunder", la quale comincia con crepitii di fiamme, per poi lasciar spazio a un'interpretazione sofferta di chitarre e voce, seguono stacchi improvvisi e sfuriate inframmezzate da break di tastiere e voci femminili. Segue "Funeral In Carpathia", una feroce litania funebre adorna di tastiere dalla cadenza sinfonicamente tragica. Stupendo l'intermezzo sofferto e disperato al centro del brano. Si continua con "A Gothic Romance (Red Roses For The Devil's Whore)" introdotta da lugubri violini e ululati, qui continui cambi di tempo si dividono tra parti lente, più estreme e intermezzi gotici, e diaboliche risate muliebri a contornare uno dei pezzi più belli dell'album. Di nuovo violini e il rumore d'un cancello che si chiude concludono il brano. "Malice Through The Looking Glass" si distingue per essere, nonostante le chitarre, uno dei pezzi più atmosferici, belli gli intermezzi di parti parlate. Segue la titletrack, un mix di tutte le caratteristiche del suono del gruppo. "The Graveyard By Moonlight" è un intermezzo costituito da note di piano e da cori lontani, gelidi e perversi che ci sfiorano con mani invisibili, e le note in sottofondo d'un carillon preannunciano maestose tastiere funebri. Ancora melodie decadenti si alternano a sfuriate di puro estremismo sonoro in quell'elegia perversa dal titolo "Beauty Slept In Sodom". Chiude un piccolo gioiello, "Haunted Shores", che introdotta da melodie d'archi si rivela un pezzo dalle sfumature epiche trattando della leggenda di re Artù, ma in un'atmosfera più cupa e oppressiva. Da segnalare la presenza come ospite in questo brano di Cronos, cantante degli storici Venom, gruppo considerato inventore del black metal. Sigillano il tutto rombi di tuono da un empireo di dannati.

Le parole si sprecano nel descrivere un'opera così struggente e maligna al tempo stesso, la litania dei monti Carpazi intenta a raccontare di massacri draculei e battaglie il cui sangue orna ancora fredde rocce. Bellissimo il libretto raffigurante lapidi, foreste, castelli in rovina e banchetti sacrileghi, e contenete frasi e citazioni di De Sade, Nietzsche ed altri letterati maledetti. Manifesto del più cupo ed eclettico romanticismo.

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