Midian, antica città maledetta nascosta agli occhi del mondo e rifugio per depravati e creature deformi. È qui che i Cradle Of Filth scelgono di ambientare il quarto capitolo della loro saga, l'ultimo pubblicato dalla Music For Nations, l'ultimo del loro periodo classico. La tonalità dominante dell'artwork non è più il truce nero/sangue dell'efferato "Cruelty And The Beast" ma un bellissimo color viola che conferisce un fascino del tutto arcano e particolare alle raffigurazioni del booklet, tra cui spiccano i membri della band rappresentati appunto come creature deformi. È ascoltando questo disco che ho coniato il termine "filthy honeymoon", riferito appunto al perfetto connubio tra furia metallica a melodia gotica, che negli affascinanti anfratti di "Midian" dà vita a un sound possente e intrigante, duro al punto giusto e coronato da stupende aperture melodiche che fanno di questo album il più adatto in assoluto per conoscere la Culla dell'Oscenità in tutto il suo fulgore ed eclettismo.

L'album si apre quasi in sordina con "At The Gates Of Midian", intro sinfonica non fra le più memorabili dei Cradle, che ha però il pregio di enfatizzare al massimo l'opener più diretta, devastante, allucinata e trionfale mai sfornata dall'ensemble di Dani Filth, ovvero "Cthulhu Dawn", in cui il sublime Bardo sibila e strepita come un cobra reale infuriato, infervorato nell'annunciare la nascita di un nuovo inferno sulla Terra mentre intorno a lui chitarre, batteria, cori e rocciose orchestrazioni danno vita a una forsennata sarabanda infernale tutta in crescendo, dall'impeto apocalittico ma al tempo stesso stiloso ed espressivo della cristallina classe dei COF. Benvenuti a Midian, comuni mortali!

Dopo questo folgorante preambolo, l'album assume i suoi contorni definiti: composizioni di media lunghezza, elaborate, molti cambi di tempo, fortissimo appeal gotico e melodie orecchiabili, impeto sonoro ben calibrato, Magia Oscura Filthiana come sempre inimitabile: nascono così canzoni come la stupenda e ingiustamente poco conosciuta "Saffron's Curse", forte di un attacco a suon di carillon di rara bellezza che sfocia in un assalto all'arma bianca che anticipa di otto anni le atmosfere di "Tragic Kingdom", interrotto da un'ammaliante intermezzo lento che sembra quasi unire gli stili di "Dusk... And Her Embrace" e "Nymphetamine", oppure la più muscolare e scarna "Death Magik For Adepts", con l'organo che segue praticamente tutta la composizione, che si conclude con un magnifico intermezzo recitato da Doug Bradley, diventato ormai un membro aggiunto dei COF.

Impossibile non restare affascinati davanti a capolavori d'arte gotica come "Lord Abortion", un cobra che, dopo aver morso e avvelenato con i suoi primi tre minuti di riffs granitici e screaming al vetriolo si diverte e gonfiare il cappuccio e mostrare fiero le sue lucidissime e sinuose spire a suon di cori ipnotici da danza macabra e parti magistralmente recitate dallo stesso Dani Filth, che a differenza dei suoi colleghi da strapazzo non si limita a strillare o grugnire quattro stupidate sulla grandezza di Satana ma sa davvero imprimere una personalità precisa al cantato, raggiungendo una varietà timbrica tutta sua, con la quale si fa perfetto interprete delle sue meravigliose liriche. Ancora più gotica è "Amor e Morte", stupenda litania in cui i due chitarristi, il rientrante Paul Allender e l'uscente Gian Pyres disegnano riffs di gran gusto melodico in cui la furia di "Cruelty And The Beast" appare ormai come un lontano ritorno. Le differenze con il Bathoriano predecessore sono ulteriormente sottolineate nell'intermezzo strumentale "Creatures That Kissed In Cold Mirrors", in cui non si trovano né ansimi voluttuosi né tantomeno urla terrorizzate, ma solo il fascino arcano dei Cradle più gotici, che esplode nella sontuosa "Her Ghost In The Fog", introdotta da una linea di piano che dà all'ascoltatore la sensazione di trovarsi ancora nell'Abbraccio del Tramonto, sensazione che dura solo qualche secondo, perché la canzone assume la sua spettrale fisionomia con le narrazioni di Doug Bradley e il cantato sensuale di Dani Filth che duetta con una bellissima voce femminile che arricchisce ulteriormente questa nera fiaba midianica che avrà in "Swansong For A Raven" il suo nymphetaminico epilogo. Unico dettaglio stonato sono i cinquanta, inutilissimi secondi di "Satanic Mantra", che però introducono a "Tearing The Veil From Grace", che sta a "Midian" come "Of Mist And Midnight Skies" sta a "The Principle Of Evil Made Flesh", ovvero è l'apice visionario del disco, in cui si immagina l'ipotetica ascesa al potere degli abitanti di Midian, atmosfere trasognate a solenni nell'intro, con una stupenda linea di piano e cori di arcana bellezza, e poi una cavalcata sempre più allucinata tutta in crescendo, con i consueti cambi di tempo che sballottano l'ascoltatore da uno scenario all'altro in un sublime pandemonio di ammaliante e serpentino fulgore, che anticipa così la chiusura dell'album, che arriva tra i fendenti chitarristici di "Tortured Soul Asylum", oscuro e possente inno alla mitica città maledetta.

In conclusione, non posso affermare che "Midian" sia in assoluto la migliore espressione della Culla dell'Oscenità (il Principio del Male e l'Abbraccio del Tramonto gli contendono la leadership in una disputa praticamente impossibile da chiudere), ma è senza dubbio un capolavoro a se stante, che trascende tutte le definizioni di metal, gothic metal, symphonic metal, black metal eccetera, Midian è Midian, è l'anello di congiunzione tra i vecchi e i nuovi Cradle Of Filth, senza il quale non esisterebbero canzoni come "Nemesis", "Nymphetamine", "The Byronic Man", "The Death Of Love", "The Promise Of Fever" tanto per citarne alcune. Da avere assolutamente a prescindere dall'essere o non essere fan sfegatati dei Cradle.

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