Guardare le stelle non è un male. Desiderare forse un pò di più.

Sono pensieri che Cristina Donà non ha mai nascosto di fare fin dall’inizio, basta citare solamente canzoni come “Stelle Buone” ed “Universo”, e chi in special modo nell’ultimo periodo non avrà fatto almeno una volta questo genere di pensieri? Magari interrogandosi sulla propria ragione nello stare al mondo, di porsi a contatto con le persone, con gli altri esseri umani, con gli oggetti o l’ambiente attorno a sé, su che segno si lascia, quanto impatto si procura, come fare per rimediare o almeno cercare di parsimoniare, parsimoniarsi spesso…

E proprio da questi pensieri ha scelto di ripartire Cristina Donà, dopo la fruttuosa e felice esperienza in duetto con Ginevra Di Marco nel loro album congiunto di 2 anni fa orsono, a 4 anni dall’album celebrazione del ventennale di “Tregua”, e a 7 dalla sua ultima intensa fatica discografica di inediti che è quella perla di “Così Vicini”, che nel 2015 le è fruttata la Targa Tenco per la miglior canzone a “Il Senso Delle Cose”, suo secondo singolo estratto.

E per “deSidera” ripete per la seconda volta la fortunata formula del Crowdfunding, che ha offerto in esclusiva in ascolto l’album anche al sottoscritto, che ha potuto ascoltarlo, analizzarlo, captarlo ed apprezzarlo in ogni sua forma, e con coscienza e ponderatezza.

Dicevamo che riparte dal concetto delle stelle e dei desideri, da cui già ne è un esempio il titolo etimologico: “deSidera”. Reso volutamente scritto in quel modo, così da frammentare e scomporre prima i due termini, per fare in modo di analizzarne le parti singole ed i suoi significati, per riassemblarla con tutte le intenzioni nuove del caso dopo.

E sceglie il colore blu. Un colore apparentemente malinconico, calmo o riflessivo che sia. Ma deciso, forte e penetrante nella sua intensità. E seppur tradito soltanto dalla copertina minimalista, bianchissima ed essenziale, c’è tantissimo blu in questo disco. Permea da tutti i pori dell’album. Dalle grafiche, dal CD, dal vinile stesso, dagli inserti, dal libretto. E dalle sonorità, dalla scelta dei suoni, dagli arrangiamenti e soprattutto dai testi stessi, chiave fondamentale per entrare in questo suo nuovo universo. E chi meglio dell’ormai suo fidatissimo compagno di viaggio Saverio Lanza per intraprendere questa nuova partenza tra le stelle?

Le danze iniziano con un sibilo che fa da intro a “Distratti”, prima traccia dell’album, un crescendo mano a mano di intensità fino alle esplosioni movimentistiche dei ritornelli, resi magicamente dall’ “elettronica preistorica” di Saverio, dove tra scarti e rifiuti del consumismo nostrano ci si continua a distrarre, emozionalmente ed eticamente.

Si prosegue con “Colpa”, una riuscitissima Triathlon riaggiornata al 2021 in cui si scaglia contro chi usa la colpa per lavarsi le mani dalle responsabilità, personali e non.

“Conto Alla Rovescia” è l’ipnotica nenia dell’aspettativa, “Desiderio” l’impulso famelico in 4/4.

Si arriva alla parte centrale dove spuntano “Come quando gli alberi si parlano”, probabilmente la traccia tematicamente più forte dell’album, in cui basandosi su una storia realmente vissuta da testimone da Cristina stessa tratta il tema del suicidio d’amore, “Torna”, l’incedere spedito del costante ritorno degli eventi, delle azioni, delle cose e delle parole, e “Senza fucile nè spada”, perfetta fotografia metaforica per raccontare i purtroppo ancora attualissimi giorni di lockdown al virus che ha saputo mettere in ginocchio un intero pianeta con niente, come una guerra senza armi.

Smuove il vento in tempesta di “Oltre”, la percezione hikikomorica di divisione, voluta o imposta, delle relazioni interpersonali a causa dei nostri autolimiti, per poi chiudere l’album la commovente e delicatissima “L’Autunno”, canzone contemplativa sul senso di ciclicità vitale che ogni cambio di stagione all’autunno porta, e la sbilenca e incresciosa “Titoli di coda”, stantia consapevolezza della fine di una relazione vista con occhi spettatrici in un cinema, in cui ci si ritrova gli unici rimasti in sala mentre tutti gli altri sono già andati via.

E così, a fine ascolto, dopo il viaggio nelle stelle, nei desideri, nel mondo e in noi stessi, si ritorna alla propria sedia, alla propria postazione di partenza, ritrovandocisi addosso le avventure e i brividi lasciati da queste 10 canzoni, con la consapevolezza piena e concreta che alla fine Cristina è semplicemente lì, dove è sempre stata, dove necessitava di essere, e doveva essere in questo momento, in questo presente. Mai suo miglior biglietto da visita per ripresentarsi nell’epoca Covid fu più appropriato di questo. Definitivamente uno dei Dischi con la D maiuscola di questo funesto decennio appena iniziato meritante un ascolto prima di morire, e probabilmente il suo apice creativo ad oggi.

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