Stasera faccio un salto sulla luna. Sono stanca della terra, delle sue mediocrità, dei suoi barbosi venerdì sera fra bicchieri solitari e cicche spente agli angoli dei banconi deserti. C'è una scia di indolente noise-pop targato Crystal Stilts che ti ci porta gratis. Sulla luna si suona sempre ad alto volume, non si lavora mai, gli organi hanno il suono dei più scazzati anni '60, gli alberi profumano di riverberi assolati e c'è ancora chi balla guancia a guancia canzoni tanto belle da rincoglionirti l'anima. Io lo so quale è il segreto per arrivarci. Accendi lo stereo, fissa un punto qualsiasi della copertina di 'In Love With Oblivion' dei miei adorati newyorkesi Crystal Stilts e fai partire ''Through The Floor''. E' un attimo: è un viaggio sonico che non ti puoi perdere.

A velocità ridotta su trampoli di cristallo lungo raggianti bagliori di psichedelia garage ("Blood Barons", "Invisible City") attraverso il jangle-pop di ballad argentee ("Flying Into The Sun", "Silver Sun") e i radiosi e improvvisi guizzi super-catchy di "Half A Moon" e "Shake The Shackles", in compagnia di velvettiani alieni sonnolenti ("Prometheus At Large") e dei collosi ritornelli in bianco e nero di "Throught The Floor" e "Precarious Stair", il viaggio è tutto un revival di introverse esperienze sonore già provate ("Sycamore Tree").

Un 'back to' in slow motion fra chitarre psych garage, tamburelli vintage, psichedelie beat-surfy e strascichi dark di una voce talmente baritonale da toccare le profondità dello spazio più nero. E Brad Hargett ce la mette davvero tutta per sprofondare in questa oscura giungla di costellazioni ebano. Così, anche stavolta, i vagabondi brooklyniani del revival rock-sixties hanno fatto centro ripetendo la formula che funziona: ipnotici giri di basso, strati di riff infetti, una batteria eburnea in sottofondo e organi come stelle cadenti lisergiche; il tutto condensato in un firmamento di noise garage in totale assenza di gravità.

Quando finalmente metti piede su questa luna in acido, frastornato ed eccitato non sai più come tornare. Non vuoi tornare. La terra da qui è anche più bella. Le orecchie ovattate, lo spazio è dilatato, qua è tutto un riverbero di suggestioni sonore sorde e lo-fi. Sulla luna elettrica dei Crystal Stilts tu non pesi niente e ogni tuo desiderio è un ordine; puoi suonare tutta la notte lente e cavernose melodie che ricordano il rock sporco dei Velvet Underground o allucinate nenie morrisoniane. Puoi cantare, puoi ballare, puoi gridare, puoi fumarti i ricordi e il futuro con un pacchetto da venti in un refrain di emozioni talmente forti che quasi quasi, senza accorgertene, va a finire che ti innamori di questo avvenente e depravato oblio pure tu.

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