Un altro brutto titolo in italiano – “Troppo grandi per fallire” il bellissimo titolo originale – per un film per la televisione della HBO in cui Curtis Hanson racconta la vera storia  della bolla immobiliare che ha portato alla crisi economica del 2008.

Un film TV che vede la partecipazione di James Woods, William Hurt, Paul Giamatti, Matthew Modine e altri eccellenti attori e che, francamente, non si capisce perché non sia stato distribuito come film per il grande schermo. Cinque stelle piene per ritmo, spessore, competenza tecnica e recitazione (anche se non lo abbiamo visto in lingua originale). Una sicura nomination all’Oscar.

Partiamo dall’inizio. Il sogno americano parte dalla casa. A tutto si può rinunciare ma non alla casa. Negli anni ottanta, novanta e primi anni duemila, il mercato immobiliare raggiunge livelli giganteschi: si vende, si compra e si costruisce a tutto spiano. Le banche di Wall Street raccolgono i soldi dei mutui immobiliari e li reinvestono facendo montagne di dollari. Poi la tentazione dell’avidità. Se ci saranno più mutui, ci saranno più interessi e quindi più soldi. Dunque, prestiamo soldi a chiunque, anche a quelle coppie che vogliono la casa dei loro sogni ma non possono dare garanzie di risarcirci. Un rischio assurdo. Ma nel caso di mutui rischiosi le banche stipulano polizze assicurative con l’AIG (la compagnia assicurativa più importante degli USA). L’ AIG accetta perché pensa che il mercato immobiliare non crollerà mai… Invece, ad un certo punto, i prezzi delle case scendono e i mutui vanno alle stelle. E tante famiglie non possono più pagarli. Nessun problema, pensano le banche, siamo assicurate. Se non fosse che l’AIG non riesce a pagare tutte le assicurazioni, perché parte dei soldi delle polizze sono andate nelle tasche dei loro manager: onorari da centinaia di milioni di dollari. L’AIG crolla. E allora crollano anche le banche che erano assicurate con lei. Ed è l’Apocalisse. Con questa premessa capirete tutto il resto e spero vi infurierete vedendo quale banale e infame motivo ha generato la bolla.

La colpa originale è nella liberalizzazione selvaggia del mercato bancario permessa da Reagan, Clinton e Bush jr: “Consegnando la vittoria alle banche, il congresso ha approvato una legge che permetterà la fusione tra banche commerciali e di investimento formando così istituzioni di dimensioni senza precedenti nel mondo”. Per le banche è l’apoteosi.

La festa finisce il 23 Maggio 2008. Quel Venerdì succede qualcosa che riporta tutti sulla terra: la “Lehman Brothers” (quarta banca diinvestimento di Wall Street) crolla. 90 milioni di dollari persi in un giorno. Ma il presidente (James Woods) non vuole vendere perché il mercato immobiliare deve tornare a crescere.

Il segretario al tesoro ed ex-amministratore della Goldman Sachs (William Hurt)  deve fare qualcosa. Ma ha le mani legate. La Lehnman merita di fallire ma lui è un ex-Goldman.  Se non fa qualcosa tutti diranno che l’ha lasciata fallire perché, in realtà, continua a lavorare per la Goldman anche da segretario del tesoro. Ma lui non è interessato alle malignità e si rifiuta di fare il salvatore: “Wall Street ha un problema di gioco d’azzardo e se noi li salviamo, questi gambler non impareranno mai la lezione”.
Nel frattempo, altre banche, meno forti della Lehman (la Fenny e la Freddy) crollano in due mesi del 60 per cento. La Cina minaccia: buttiamo nel mercato centinaia di bond e così la vostra economia va a gambe all’aria.
La situazione si fa pesante e il 12 Settembre 2008 tutti i CEO delle più importanti banche americane e inglesi (Merryl Linch, JP Morgan, Citigroup, Morgan Stanley, Goldman Sachs, Barkleys, etc) si riuniscono per salvare la Lehman le cui azioni sono ormai quotate 4 dollari l’una. All’inizio la Bank of America accetta di fare il sacrificio. Ma vista la situazione (in un giorno la Lehman passa da 30 a 70 miliardi di titoli immobiliari spazzatura), preferisce salvare la Merryl-Linch.
A questo punto per acquisire la Lehman si fa avanti la banca inglese Barkleys, che però rifiuta il settore immobiliare. Nessun problema: le altre banche decidono di comprare i  mutui spazzatura. Sembra fatta, se non fosse che l’autorità di vigilanza inglese può impedire la firma. L’Inghilterra non ha un mercato bancario libero come quello americano. E gli inglesi non vogliono importare il cancro statunitense nel Regno Unito. L’affare è saltato. La Lehman deve dichiarare bancarotta. Quel giorno (15 Settembre 2008) lo ricordiamo tutti, con tutti i telegiornali che aprivano con questa notizia e con le immagini dei dipendenti licenziati che uscivano dagli uffici dell’istituto.

Ora che la Lehman è fallita, la gente perde la fiducia anche nelle altre banche. È un domino. Il ministro francese dell’Economia è fuori di sé: “Avete fatto un errore imperdonabile. Permettendo la bancarotta della Lehman distruggerete l’Europa”. Il responsabile della General Electric non riceve più crediti e non può  finanziare nemmeno le attività di routine.

Bisogna salvare l’AIG. La Federal Reserve (la Banca Federale amministrata dallo Stato) fornisce un prestito temporaneo di 85 miliardi di dollari. Ma non basta. Bisogna ancora fare qualcosa per aggiustare il mercato immobiliare. La parola d’ordine è una sola: comprare il debito contratto dalle banche. Il 18 Settembre 2008, il direttore della Fed (Paul Giamatti) fa la sua lezione di “economia dal basso” per convincere il congresso a comprare 700 miliardi di dollari di titoli tossici: “Bisogna dare alla gente la possibilità di avere accesso al credito. L’economia la fanno i cittadini comuni e i cittadini devono avere i soldi per una casa, ma anche per rifornire le loro attività, espandere i loro negozi etc... Senza credito, l’economia è finita. Quindi o ci date i soldi o sarà peggio della grande depressione. Lunedì non avremo più un’economia”. Niente da fare. Il Campidoglio non approva.

È rimasto un unico modo per salvare la baracca, quello che nessuno voleva: iniezione di liquidi dallo Stato alle banche private. Un rimedio antiamericano. Salvare chi ha fallito e rendere pubblico il privato. È nazionalizzazione. Il sottosegretario al tesoro, col groppo in gola, parla ai pezzi grossi: “Il tesoro potrà acquisire azioni privilegiate. Noi vi daremo il denaro (125 miliardi) e voi lo investirete”. Il presidente della Merryll Linch (Matthew Modine) conosce le controindicazioni. Sa bene che se lo Stato entra in una banca, la “politica” entrerà nei consigli di amministrazione: “Sono a capo di un’azienda. Se la Federal Reserve mi dice che non posso più dare stipendi secondo il merito, darete inizio alla peggiore fuga di cervelli di tutti i tempi. È questo che volete?”  Firmano tutti.

La bolla immobiliare non ha indebolito le banche. Anzi. La paura le ha portate a comprendere che le tempeste si possono affrontare e superare solo stando uniti. Morale: i colossi si sono unificati e oggi 10 istituti di credito possiedono il 77% di tutto il sistema bancario USA. Questi moloch sono stati dichiarati “troppo grossi per fallire”.

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