Senza parole.
Questa la mia prima impressione, all'ascolto del secondo album dei Dälek, Absence. Non sapevo nulla del terzetto in questione, tranne l'appartenenza alla scuderia Ipecac e il loro approccio molto originale al rap. Stop, nulla più. Ah si, nomi e ruoli nel progetto in questione (Dälek: mc e produttore; Oktopus: produttore; Still: DJ e turnatablist). Detto ciò ascolto Absence.

Dieci tracce, cinquantasette minuti di musica o poco più, copertina oscura ed inquietante. Si si, questo è un gran disco, mi dico. Parte "Distorted Prose", e le metriche serrate dell'mc di casa risplendono nel silenzio totale come lampi nel buio. Ci sa fare il ragazzo, dotato non poco, senza dubbio andato avanti a pane e freestyle. All'improvviso, il caos. Entra in gioco la non-musica dei Dälek. Batterie sporche ed ossessive accompagnano le invettive in rima del nostro, tonnellate di rumori industriali, feedback devastanti e scratch frenetici la seppelliscono quasi del tutto, ma senza mai affossarla, badando sempre all'equilibrio. Ogni elemento rispetta l'altro e lo integra, niente è posto a caso, quasi a volere stabilire una sorta di "ordine del caos". "A Beast Caged" e "Ever Somber" sono tra i vertici indiscussi dell'album, senza alcun dubbio. E' qui che, più che altrove, si sintetizza il non-stile dei nostri, shoegazers post-moderni alle prese con beats & rhymes. Incredibili. Le ritmiche pesantissime di "Opiate The Masses" concludono degnamente un'ora da incubo, un allucinato e angosciante viaggio nel sottosuolo che ci riporta finalmente alla luce, dopo aver sguazzato per chilometri in acque putride, spaventati a morte solo da noi stessi e dalle nostre paure.

Si, come avrete capito Absence mi ha sconvolto non poco, il paragone con The Cold Vein ci sta tutto: due dischi epocali ed estremi, che segnano nuovi standard e stili. Entrambi una speranza per il futuro del rap e della musica. Tuttavia, i Dälek si spingono ancora più avanti. La loro è pura destrutturazione sonora, concettualmente più vicina alla sperimentazione dei cLOUDDEAD, altri grandi antagonisti del rap. Un vero omicidio tradotto in musica, lo sterminio del rap e la sua reincarnazione sotto nuove spoglie. Un capolavoro, una nuova pietra miliare, una paradossale e rassicurante via d'uscita per un genere che pareva rifarsi ormai solo a cliché e stereotipi scontati. E, non ultimo, un trionfale ingresso nel Terzo Millennio, il definitivo avvento di quel futuro che ci spaventa, ma che, a conti fatti, e già tra noi.

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