Mi chiedo spesso dove sia finita la dolcezza in questo mondo. La realtà ha sempre più il sapore di un limone acerbo, le nostre bocche sono strizzate ed anestizzate, non sono più in grado di assaporare quello che ci circonda. Ogni giorno capisco come non ci sia una legge in grado di spiegare la ritualità del divenire. Capita che si coltivino relazioni per anni, ne si veda la maturazione, la crescita. Si noti persone avvicinarsi, in maniera a volte spaventosa, come riflessi in uno specchio d'acqua pronto ad annegarci. Talvolta accade che si allontanino irrimediabilmente, per un cavillo, per una stupidaggine. Sono certo che non sempre si è pronti per qualcosa: una sensazione, una frase, una parola oppure una canzone. Forse non è stato un caso ascoltare "O" di Damien Rice, si trattava solo di una tappa del "solito vecchio scenario". La semplicità di un colore e di un viso che, proprio per questa particolare attitudine, non verranno mai dimenticati. La voglia di esternare emozioni e lacrime, di commuoversi per qualcosa di intimo, come il sussurro di una calda voce ad un orecchio.

Aspetti musicali che colpiscono, melodie perfette, violini che arricchiscono il minimalismo di una chitarra acustica. Si sente l'odore di erba bagnata e di nebbia dell'irlanda più introversa e mistica, l'umidità che entra nelle ossa. Il folk-pop, la ricerca dell'emozione nella tradizione. Ascoltare questo disco sconvolge la sfera sensoriale, ci mette di fronte all'amore che vorremmo, alla nostalgia di una terra che abbiamo quasi dimenticato. Ritroviamo noi stessi solo perdendoci nelle nostre fantasie romantiche. "L'amore ci insegna a mentire, la vita ci insegna a morire e non è difficile cadere quando si vola come una palla di cannone". Tutto quello che cerchiamo deve essere da qualche parte, le nostre mani nervosamente tentano di aprirci uno spiraglio, cercano la luce in grado di illuminare il nostro sguardo. Respiriamo i nostri sospiri chiedendo solo "tempo, perciò passate oltre, starò meglio.. datemi solo tempo". I giorni passano, continuando a farci domandare come mai ci sia solo "niente di insolito, niente di strano, soltanto un po' più vecchio". Chiediamo soprattutto perchè si debba imparare una lezione solo dopo la perdita di qualcosa di importante, di necessario. In una stanza vuota ed incolore passeggiamo fischiettando un motivetto e riflettendo, cercando la risposta di una domanda che non conosciamo ancora. Di fronte a noi stessi non siamo in grado di mentire in maniera convincente, rimaniamo soli con la nostra passione, la nostra voglia di abbracciare qualcuno, il desiderio di non lasciarlo più, qualunque cosa accada. Questo disco ci mette alle strette.  Sbatte in faccia l'amore che bistrattiamo a causa della saturazione mediatica a cui siamo abituati. Inermi non possiamo che commuoverci nel lento incedere di arpeggi ovattati, nel pulsare del contrabbasso o nel volo degli archi. La calda e sussurrante voce di Damien ci accompagna, mentre le melodie vocali di Lisa Hannigan ci seducono ancora ed ancora.

Siamo pronti a perdere tutto, a perderci in un sorriso sperato e sospirato. Quello che vorremmo è tamente abbagliante che spesso non si riesce a vederne chiaramente i contorni. Io stesso sono spiazzato e senza parole, a bocca aperta di fronte a ciò che vedo sfuggirmi. La possibilità di fermare il suo cammino diviene improbabile prima che sia semplicemente e definitivamente perduta/o. La nostra ricerca è semplicemente superflua, non dipendente da un passo o da una maratona. Leggiamo un libro scritto da qualcun altro, una storia che non ci riguarda, o forse il contrario in realtà. La nostra storia la scriveremo su un altro libro, sperando che ci sia una persona interessata, pregando che possa leggere la nostra anima, una volta per tutte.

Carico i commenti...  con calma