Tredici giorni. Tredici meditazioni al suono di "Belladonna" di Lanois. In ordine di tracklist, ecco cosa ho visualizzato, giorno dopo giorno, traccia per traccia: un allunaggio al primo giorno; una spiaggia deserta battuta dal vento, e priva della qualsivoglia forma di vegetazione, al secondo. Il terzo giorno, la mia solitudine in una notte di luna piena nel Machu Picchu. Il quarto, un terribile traffico su una sorta di tangenziale ai margini d'una megalopoli del sud del mondo, Io, fermo tra le lame del guardrail a cavallo tra le due carreggiate, impassibile sotto un sole atroce. E che puzza di fritto di colza! Quinto giorno, un cowboy che stranamente va a dorso d'asino... Passeggiano per il deserto, entrambi né stanchi né tristi. Il sesto giorno, più modestamente un giardino. Giardino anche al settimo, ma d'un tempio giapponese. Solo che ho avuto come l'impressione che il tempio si trovasse in un'altra nazione, e non in Giappone. Un sentimento di riconciliazione, all'ottavo giorno. Al nono, la desolazione, la triste consapevolezza, che si va placando, e che diviene placida indifferenza, accompagnandosi ad un provvidenziale senso di vuoto. Al decimo, compare il mare d'uno stretto a separare il Messico dagli Stati uniti, ed io nuoto in queste acque calde e dalle correnti trascinanti. Giorno undici (come da titolo del brano) la visione notturna di una città dal belvedere in collina. Il dodici, l'agitarsi melenso ed armonico della fiamma d'una candela votiva, al vento lieve. Infine, un'ascensione notturna e lenta.

Puntualizzo che, nell'ascoltare questi brani, mai mi sono interessato a conoscerne i titoli, poiché ciò avrebbe potuto influenzare le mie visualizzazioni, dando ad esse una "indicazione" immediata su cosa focalizzare sin da subito. Un po' quando si vede in tv lo psichiatra che dice al paziente: io ti dico una parola e tu mi rispondi con la prima che ti salta in mente... Così può anche avvenire nella visualizzazione: un titolo è senza alcun dubbio un suggerimento...

Tutto ciò per spiegare che "Belladonna" è una delle sue prove interamente strumentali, classificabili all'interno, seppur con le peculiarità del personaggio, dell'ambient music. Ancora (e sempre) a metà strada tra radici root e tex-mex e studi/conoscenze/ispirazioni ambient, questo Brian Eno country mescola l'astrazione di certo space pop, dell'ambient appunto, e della new age con gli strumenti ed i suoni delle sue sugose radici musicali, pedal steel guitar in primis, di cui egli è grande appassionato ed esperto.

Un ottimo disco, che senza dubbio piacerà molto a coloro che inclini sono già a proposte di tal fattura, ma che potrà esser gradito anche ai "canzonettari" come me, a patto che distillino l'ascolto, o che usino un approccio meno tradizionale e più creativo del solito. Magari non esagerando scambiandolo per musica subliminale, come ho fatto io, ma meglio che addormentarsi alla quarta traccia, no?

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