Credo proprio che la mia recensione di "Shine" non abbia svelato alcun arcano su Daniel Lanois, né a chi l'ha letta né tantomeno a me che l'ho scritta. Vuoi o non vuoi, un disco che esce ad un decennio di distanza dal suo predecessore può essere considerato un episodio a se stante, una sfuriata... Per capirne di più, c'era bisogno di una pietra di paragone. All'ascolto di "Arcadie", suo album di debutto, ho intravisto in Lanois sempre il cantautore sofisticato e cool, ma anche un interprete accorato di root ed un delicato esecutore. Cool perché accorato, sofisticato perché delicato: probabilmente è anche così.

Nel 1993 esce "For The Beauty Of Wynona", album che se per certi versi sembra riproporre la ricetta del début, per certi altri pare pretendere ancora di più. Si comincia con "The Messenger", blues pop moderno in stile Clapton, ovviamente scarnificato fino a raschiarne lo scheletro; "Brother L.A." è ghiaccio bollente, un soulrock antartico: fin qui è tutta roba che su "Arcadie" non esiste.

Più "rassicuranti" il folk autunnale mezzo "Meggie May" di "Still Learning How To Crawl" e soprattutto gli esperimenti "Beatrice" e "Waiting": Lanois è uno di quelli che stranamente si rendono più prevedibili quando trasgrediscono ai canoni del pop-rock piuttosto che quando cercano di proporre la loro versione delle solite pietanze... O almeno questo è quanto c'ho capito io!

Ancora "Arcadie"-style nel chitarra e voce inglese e francese (come fu per "Jolie Louise") di "The Collection Of Marie Claire", e semplice ballata di "Death Of A Train". Sembra sospeso a metà tra tanti desideri appena abbozzati, e sprovvisto del coraggio di prendere una direzione netta: così in "The Unbreakable Chain" infila una miriade di trotterelli percussionistici per dare un tono in più ad una troppo prevedibile ballatina, od ancora in "Indian Red" pare voler azzardare un esperimento tribale, salvo ripensarci e tornare ad intervalli regolari nelle melodiche del suo root.

Meglio, molto meglio, quando accetta e "si accetta" per compositore pop e poprock "di matrice root" che ha studiato tecniche da sala d'incisione più e meglio dei suoi compagnetti con gli speroni agli stivali; lì dimostra di eccellere, dando alla luce la splendida "Lotta Love To Give" e la drammatica, a tratti arabeggiante ed ipnotica, titletrack.

Bissare "Arcadie", dunque, il lineare splendore delle ballate e la fruibilità degli esperimenti in esso contenuto, era arduo, ma altrettanto complicato doveva essere superare quel gusto e quella tensione emotiva. E comunque "For The Beauty Of Wynona" è un disco tutt'altro che infelice, e che sale di ascolto in ascolto, seducendo lentamente. Certo, recensire il disco è doveroso, ma era perlopiù il personaggio ad intrigare: un autore che sembra capace di ogni ben di Dio, e che sceglie di lavorare pressoché esclusivamente di cuore (ballads) e testa (esperimenti) quando è senza dubbio in grado di proporre anche brani più muscolari e sanguigni (se non s'era capito, quelli che preferisco).

Un altro canadese che all'ascia preferisce il fioretto.

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