A cinque anni di distanza dal suo ultimo S.C.O.T.C.H., e a due dall'esperienza condivisa con Nicolò Fabi e Max Gazzè, Daniele Silvestri propone al suo pubblico forse il suo lavoro migliore, in oltre 20 anni di carriera. Stiamo parlando di "Acrobati", discone di ben 18 brani per quasi un'ora e un quarto di bella musica, con numerose collaborazioni che fanno dell'album un prodotto veramente valido. Diodato è intervenuto nella canzone "Pochi giorni" e nella conclusiva "Alla fine" (titolo programmatico); Roberto Dell'Era ha partecipato nella canzone "Un altro bicchiere", un brano sul sabato sera, e in "Spengo la luce"; Diego Mancino ha duettato con Daniele in "L'orologio"; Caparezza, al secolo Michele Salvemini, ha composto con Silvestri una delle più riuscite della tracklist, ovvero "La guerra del sale"; infine tra le collaborazioni figurano addirittura i campani Funky Pushertz, in "Bio-Boogie", canzone sull'alimentazione biologica, cantata anche il dialetto napoletano. Il disco, sebbene molto lungo (in questo rimanda a "Il dado", l'unico doppio album del cantautore romano, uscito proprio 20 anni fa), abbonda di soluzioni piacevoli e particolari, come "Monolocale", stranissima nella sua composizione non convenzionale, ma estremamente godibile, e di pezzi esistenziali e politici, come nel terzetto di apertura che già da solo vale l'acquisto del disco: "La mia casa", "Quali alibi" e la title-track "Acrobati". La seconda di queste ha avuto il compito di lanciare l'album, ed è densa di giochi di parole, proprio come "La guerra del sale" (che qui sono spassosissimi!), e di rimandi alla situazione politica attuale, dove "i governi di terza mano" la fanno da padrone, e non penso ci sia bisogno di un'ulteriore spiegazione... Attualità politica, esistenza e sentimento, questo il mix vincente di un progetto che Silvestri ha definito "Live in studio", a testimoniare l'esplosione creativa che lo ha caratterizzato. Figurano a spezzare l'ariosità di lunghi brani alcuni "shorts", ovvero "Pensieri", che dura appena 2 minuti e mezzo, e l'ironica "Tuttosport", dove in un minuto e diciotto secondi il cantautore di "Le cose in comune" parla di pugilato e Roland Garros, ma anche del Palio di Siena, con un tono quasi didascalico. In effetti la voce di Daniele non è mai stata particolarmente melodica, così riesce a utilizzare diversi registri, il semi-cantato, il parlato ironico, fino alla sequenza parlata sul finale di "La mia routine", che sembra quasi un errore invece vuole dare proprio l'idea del "live in studio" di cui prima. Credo, di primo acchitto, che è difficile trovare una tale originalità nel panorama musicale italiano cosiddetto "mainstream", ma bisogna anche dire che Daniele Silvestri non è mai stato troppo "Salirò", ma nemmeno troppo "Cohiba", e questa è sempre stata la sua cifra stilistica.

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