L'Outlet... Incredibile. A volte succedono cose che noi umani non avremmo mai voluto immaginare. Ad esempio, che per sentire del buon jazz ci si debba portare in questi gardaland della moda, coloratissimi, ultraconsumistici, un po' ruffianotti ed ipocriti, che spesso -mi dice chi s'intende del campo...- tirano il desiderio di moda di chi non è completamente trendy, ma si accontenta di un capo un po' vecchiotto purché sia firmato.
Ma senza entrare nel merito del ruolo sociale che hanno 'sti baracconi nelle nostre e nelle vostre vite, la cosa da esaminare, con sgomento ed anche un po' d'autocritica, è che per sentire del buon jazz si debba andare in un posto del genere.
Eppure, parliamoci chiaro: le città che circondano l'outlet di Serravalle (Tortona, Novi, Alessandria, Voghera) non hanno voluto, saputo o potuto organizzare nulla di jazzisticamente rilevante (o nulla del tutto...).
Assessori di chiara fame allargano le braccia e dicono, tutti, più o meno: "sa...con l'ultima finanziaria...".
E vabbè...: siamo in un paese in cui cultura, sanità e istruzione seguono logiche di contabilità da negozio d'alimentari. Rassegniamoci: siamo noi ad esser sbagliati. Siamo noi che proviamo un malcelato disgusto ad andare al gardaland della moda a sentire il jazz.
Amen: è così che va il mondo e ce ne dovremo fare una ragione.
Venendo al concerto, che insieme al banale e divertente Roy Paci era l'appuntamento "di punta" della rassegna (che, per carità, ha visto anche la Bridgewater e Kenny Barron, dunque mica una rassegnina da ridere...), si devono osservare alcune cose, che possono integrare il disco della stessa formazione, da me già recensito.
La formula è, sostanzialmente, quella del disco: standards americani misti a classici (decisamente "standards" anche loro, dello stesso Paoli). Anche gli arrangiamenti, salvo piccole modifiche, sono gli stessi. Quello che cambia (ovvio: trattasi di jazz) è l'improvvisazione, l'umore, il fraseggio, i colori, ecc...insomma: in una parola l'atmosfera, quell'entità misteriosa che solo in parte è qualificabile con un insieme di note bene o mal suonate.
E l'atmosfera, pur nel baraccone colorato, è stata notevole. Tipico concerto estivo, con la rilassatezza e l'allegria che caratterizza gli eventi agostani.
La partenza è con "Time After Time" (niente Cindy Lauper, né?), il grande classico del repertorio chetbakeriano. Tant'è che il mio amico, nonché vecchio socio di trasmissioni radiofoniche jazzistiche, ha subito commentato, un po' malevolmente, "Paoli+Rava=un Chet Baker". Beh, bisogna ammettere che l'incipit giustificava il commento: la voce, inizialmente fioca, di Paoli e la tromba molto cool di Rava davano tutta l'impressione di quegli omaggi al sottile limite del plagio.
Poi, fortunatamente, ciascuno ha ripreso la propria personalità. Rava pareva leggermente svogliato (ma forse lo pare sempre), ha suonato nei suoi standards altissimi, pur non risultando il migliore della serata. La sezione ritmica è stata a dir poco eccellente (Bonaccorso e Gatto, nella dimensione "live", fanno impressione), ma il vero protagonista strumentale della serata è stato, senz'alcun dubbio, Danilo Rea. Pianismo perfetto, puntualissimo, non ultracitazionistico come ci è apparso altre volte (anzi, una delle poche citazioni chiarissime, da Monk, è stata a dir poco sublime), graziato da un fraseggio ed una tecnica assolutamente inappuntabili. Davvero in stato di grazia.
E di Gino Paoli che dire? Probabilmente per molti non sarà il massimo della simpatia. È indubbiamente un orso. Ma devo dire che, personalmente, provo un'ammirazione a dir poco infinita. Calca i palchi e scrive da una cinquantina d'anni. Ha fatto e visto tutto. Ha scritto almeno cinque tra le più belle canzoni di sempre. Potrebbe riempire i teatri di tutt'Italia tutti gli anni (la fatto di recente anche con la Vanoni), ed ha scelto, come meraviglioso simbolo di bella vecchiezza, di saggezza non molesta, insomma, di genio, di attraversare il nostro paese con un manipolo di jazzisti tra i migliori. Anche chi non lo ama deve ammettere che è stato ed è, finora, l'unico cantautore cui può essere riconosciuta una scelta di tanto e tale coraggio.
Su "Sapore di mare", lenta, cadenzata, perfetta, con un solo di Rava tra i più belli, mi son commosso. Certo: divento vecchio anch'io...ma non se ne poteva davvero fare a meno.
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