Troppo cafone per i rockettini, troppo moscio per i metalloni, Glenn Danzig non è mai riuscito ad andare oltre lo status di personaggio cult. Le sue pose da macho e la sua attitudine da incorreggile bellimbusto di certo non l'hanno aiutato. Se poi si pensa che la sua scesa in campo come solista avviene in anni in cui principia a germogliare il modello culturale del ragazzuolo sensibile, depresso ed incasinato, che poi esploderà definitivamente nei primi anni novanta con l'avvento del grunge, le ragioni dello scarso successo ci sono finalmente chiare.
Quando manca il target di riferimento, del resto, non c'è niente da fare, fin tanto che a poco o nulla è servita la pubblicità gratuita da parte di gente illustre come i Metallica, da sempre ammiratori di questo piccolo-grande artigiano della musica.
Eppure, fin dai tempi dell'horror punk dei seminali Misfits, a seguire con il death-rock dei misconosciuti Samhain, e perfino con l'infelice esperimento "Black Aria" (trascurabile parentesi di musica gotico-sinfonica), nell'arzigogolata carriera del buon Glenn è rinvenibile un filo rosso, o meglio nero, che palesa una coerenza d'intenti, di temi e di attitudine che ne fanno senz'altro un artista strutturato e dalla forte e ben definita personalità. Un istrione oscuro e visionario, questo Danzig, sempre e comunque sopra le righe, e capace di tingere di nero anche il rock'n'roll più scanzonato.
Sotto il monicker Danzig, il nostro eroe abbandona i trascorsi goliardici del passato per approdare ad un robusto hard rock, svolta che gli permette di assecondare le sue pulsioni settantiane, dove band come Led Zeppelin, Black Sabbath e Doors ricoprono senz'altro un ruolo chiave. Senza naturalmente trascurare l'amore da sempre nutrito per gli anni cinquanta.
Danzig è un Elvis infernale, un Jim Morrison de' noaltri, e i primi tre capitoli della saga (l'omonimo primo album, il capolavoro assoluto "Lucifuge" e il sottovalutato "How the Gods Kill") sono un buon esempio di granitico hard rock impregnato di atmosfere oscure e decadenti. Un risultato a cui il Nostro perviene ignorando paradossalmente l'universo del dark e della musica gotica in genere, ma attingendo direttamente dalla tradizione del blues più bastardo e disperato, il quale viene naturalmente aggiornato a nuovi canoni di violenza metallica. Perdizione, attrazione morbosa per il male, dannazione eterna: Danzig se le suona e se canta, sfoderando un'attitudine da stramaledetto che può apparire oggi (come allora) risibile, ma che niente toglie al suo talento visionario e alla sua onestà come interprete e musicista.
"4" (in realtà l'album è titolato con simboli indecifrabili) sancisce un'ulteriore svolta nella carriera del poliedrico artista. Esce nel 1994, in piena era grunge e in concomitanza con il successo di un film come "Pulp Fiction", che riporta in auge un certo interesse per la letteratura pulp, per il cinema trash e per la musica degli anni cinquanta e sessanta. Per Danzig è il momento giusto per scrollarsi di dosso il metal un po' patinato che aveva caratterizzato il lavori precedenti, ed abbracciare un'attitudine più consona ai tempi che corrono: le sonorità si tingono così di alternative, i suoni si fanno più sporchi e vivi, e il songwriting diviene semplice, spontaneo e, se possibile, ancora più aderente agli anni sessanta e settanta. Lungi da mire prettamente commerciali, Danzig sembra finalmente trovare la sua dimensione ideale, che lo riconsegna al suo popolo e lo innalza, nel suo piccolo, fra gli esponenti dell' "altra America", quella di intellettuali ed artisti liberi ed indipendenti che in virtù dell'amore incondizionato per la propria terra di origine si oppongono fermamente all'establishment e ai modelli culturali dominanti.
Dall'amore per un certo cinema di serie zeta, fino ai fumetti horror-fetish, al culturismo, alle arti marziali e alla pornografia, Danzig è l'incarnazione perfetta dell'anti-intellettuale, o meglio ancora, è il prodotto e al tempo stesso il fautore di una sotto-cultura popolare che fa del kitsch e dell'eccesso i suoi punti di forza. Ma nella sua musica vi è anche insubordinazione, libertà, dissidenza, ironia e senso della provocazione. Non a caso una simpatica foto nel booklet interno ritrae i componenti della band adagiati in quattro bare e un simil Bill Clinton che stringe tronfissimo la mano al Capo della Polizia che ha appena compiuta la cattura.
Nel dettaglio, "4" ci offre dodici pezzi che, fra grintosi arrembaggi e momenti di estremo pathos, ci consegnano un Danzig in grande forma. Nell'opener "Brand New God", tutto sommato banalotta, viene riesumata la violenza punk'n'roll degli esordi, ma le cose sembrano andare decisamente meglio con la successiva "Little Whip", animata nella prima parte dal lamento alcolico del nerboruto singer, per poi elettrizzarsi a metà strada e tramutarsi in un travolgente pezzo rock. "Cantspeak", con tanto di testo impegnato, è una lenta dai suoni sporchi e dall'incedere ipnotico: un momento di insolita cacofonia che va a costituire il preludio perfetto per la struggente "Going Down to Die", power ballatona dalle venature blues in tipico stile Danzig. "Until You Call on the Dark" torna invece a pescare a piene mani nel calderone Black Sabbath, fregiandosi di atmosfere marce ed apocalittiche, sulle quali si staglia il canto profetico e magnetico del Nostro. "Dominion", con le sue spennellate di chitarra acida, è un suadente viaggio nella notte che farà certamente la gioia di tutti gli amanti dei Doors di "Strange Days".
Siamo al giro di boa: nonostante le diverse sonorità esplorate, Danzig dimostra di avere una personalità forte e ben definita. Tutto è infatti marchiato a fuoco dal suo inconfondibile lamento baritonale e dalle atmosfere malsane che da sempre lo contraddistinguono.
Sirene e colpi di pistola: con le ambientazioni metropolitane di "Bringer of Death" Danzig ci mostra il suo lato più becero e strillato, confezionando un rock sguaiato e roccioso con tanto di cavalcata finale dove la batteria torna finalmente a pestare e la mente corre inevitabilmente al "quasi hardcore" dei Misfits di "Earth AD". La successiva "Sadistikal", un trascurabile industrial per pervertiti, mostra invece il lato più torbido del cantante, il cui cupo recitato è scandito per l'occasione da inesorabili colpi di frusta. "Son of the Morning Star" non rimarrà certo negli annali della musica, ma almeno ci riporta alle pacate sonorità rock in cui il Nostro sembra trovarsi decisamente a suo agio. Finale da brividi, invece, con un trittico di tutto rispetto: la travolgente "I don't Mind the Pain", l'emozionante flusso elettrico di "Stalker Song" e la tristissima "Let it be Captured", ballad oscura e dai toni crepuscolari che adempie egregiamente al compito di chiudere l'album all'insegna di un'epica malinconia.
Dopo qualche minuto in cui brevissime tracce di puro silenzio si susseguono anonimamente (le tracce sono 66, e 60 sono i minuti di durata dell'album: indovinate un po' quale magico numeretto andrà a materializzarsi sul display del vostro stereo?, ma quante ne sa il Danzig… ), fa la sua comparsa un inquietante organo da chiesa e un oscuro salmodiare, tanto per ribadire l'immaginario malefico da cui traggono ispirazione le inquiete visioni del cantante.
Purtroppo "4" sarà anche l'ultima dignitosa testimonianza artistica del buon Glenn, che già dal successivo "Blackacidevil" deciderà di disperdere la formazione storica (che vedeva Eerie Von al basso, John Christ alla chitarra e Chuck Biscuits alla batteria), e percorrere, a mio parere con risultati catastrofici, i territori dell'industrial e del nu-metal, snaturandosi all'inverosimile e consegnandoci i lavori più brutti ed urticanti che mente umana possa concepire.
Devo dire la verità: non ho ancora capito se Danzig sia un genio incompreso o un coglione compreso. Oggi è sicuramente un uomo finito, ma finché ha retto mi è piaciuto assai, e sono qui ad assolverlo, ben conscio che difficilmente, per l'attitudine da idiota e per una proposta musicale che può apparire anacronistica, risulterà per i più una parentesi trascurabile nel vasto mondo della musica. Del resto, s'era in pochi ad ascoltarlo, però s'era ganzi: s'era gente che si faceva poche seghe mentali e s'ascoltava un po' di tutto, perfino il Paolo Catena, anche se tutti ne stavano alla larga perché si diceva portasse merda (e forse ce l'ha portata per davvero, chi può mai dirlo!). Ma i Metallica (prima dell'impazzimento totale) erano con noi, e questo un po' ci consola…
Elenco tracce e testi
03 Stalker Song (05:51)
No one knows my name
Where I come from
No one sees my face
Sees me coming
You can never hide
If I want you
You can't even try
Keep from crying
No one sees my face
Sees my pain
No one can see my shape
In the shadows
You can feel the dark
When it's stalking
I can slip right in whenever I want you
I'm coming in your home
I wish you could
I'm coming in your hole
I wish you would
06 Little Whip (05:12)
You crawl across the floor
On your hands and knees
To seek revelation
Little whip
I pull you up
I grab your hair
I give you hope
Little whip
I give the black sun
To sear off your tongue
I gave you a life
Little whip
A come on little whip
A come on little whip
A come on little whip
A come on little whip
I pull you up
I grab your hair
I give you hope
Little whip
I gave you the world you beheld in a dream
I gave you a night cry
Little whip
You lick your wounds
And you come right back
I give you nothing
Little whip
I send the black sun
And eclipse your moon
I steal your hope
Little whip
07 Cantspeak (04:08)
can't speak
can't talk
can't do anything they want
can't hide
or change your mind
gonna live with all my soul
inside
can't speak
can't talk
can't stop for the reeling cause
or love
i told 'em all about it
can't talk
cause i'm already lost
can't think
can't cry
keep thinking of a suicide
it's hard
i just can't forget it
gonna fade cause i'm already dead
can't think
can't dream
don't care if i live or die
don't talk
i just can't believe it
gonna fade cause i'm already dead
can't think
i cant dream
i don't believe anything i see
i really don't wanna get it
gotta leave or i'll live to regret it
can't speak
can't lie
can't go anywhere to hide
can't think
can't cry
keep thinking of a suicide
can't speak
can't talk
can't do anything i want
can't hide
or change your mind
gonna live with all my soul inside
can't speak
can't talk
can't do anything i want
can't hide
or change your mind
gonna live with all my soul inside
08 Going Down To Die (05:02)
and i know
that it's true
all the fire
has burned thru
well you know i've played
so hard
and the light
grows so dim
and my time's getting slim
all the words
just don't mean much
and i know i'm saying
goodbye
and i know that i'm going
down
to die
in my heart
there's a wind
and it swirls up a dim
it's so loud
it drowns my mind
till the coin that i pass
to the ferryman's grasp
let's me leave
my pain
behind
so i part
and i'm oh so cold
and i hope to release
my heart
better leave
while my song still calls
it's the truth
that i'm going
down
to die
09 Until You Call On The Dark (04:27)
I wanna be your misery
I wanna be your the world you fear
I wanna be your emptiness
I wanna be the god who kills
I wanna be the christ who dies
upon the fires
of infamy
can't you see it
can't you feel it
until you call on the dark
can't you see it now
how black your future will be
and every emissary that I send you
will bleed
I wanna be your misery
I wanna be the world you fear
I wanna the christ who dies
upon the fires
of infamy
can't you see it
can't you feel it
10 Dominion (04:15)
If the heart is cold
If there is no light
I can be the one
If the heart is cold
If the blood runs hot
Let there be and end
Let there be no one
Who can the light
Where you go, I won't lead
Cause if the heart is dead,
I can take your soul
If you give it free
and the bondage end
Cause if your heart is cold,
Then you belong with me
Let me be the one
That will set you free
Where you run
I won't lead
See how love Unholy
Cuts into your mind
See how love Unholy
Lies
11 Invocation (02:59)
The demon comes but must be called
Comes to all the sleeping homes
He breaks the night and lifts their drones
Demon comes but must be called
The demon calls to me at length
Demon has no other strength
Except to end the stretching thighs
For those whose fate it is to die
The demon has but one mistake
He lingers where he should not stay
He should not stay but rather go
Demon has no soul
The demon has no soul of such
His breath is cold as winter's touch
His hair, the blackness of the night
Demon offers up his bite
The demon lives not life we know
He lives but is the never-born
His eyes are of the blackest coal
Demon has no soul
Many are the demon's face
And many are the forms he takes
Beware that you don't pleasure one
The demon comes to anyone
13 Sadistikal (05:09)
deep, in your eyes
I know they lie
as the night must die
every morning
to give birth to the day,
so must all who die
to borne a hatred
until now unknown
every hell I know
I will make you feel
deep, deep, down you go
my love is your hell
to suffer and cherish
deep, deep down in your soul
my love is your hell
sadistikal
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