Lo so che è facile gettare valangate di merda sulla Dark Polo Gang. E lo so che ancora più facile è farlo su chi non ne parla male. Facilissimo è farlo su chi ne parla bene. E impossibile farlo con chi ne parla male, chè in fondo siamo in Italia, Paese di Santi navigatori e reazionari, ed è giusto buttare secchi e secchi di Acqua Santa su un fiammella scomoda che se invece fosse lasciata in vita sarebe, forse, dico forse, ma forse forse...utile.

Utile a che? Ad accedendere un fuoco, un allarme che possa risvegliare le menti assopite dal rap impegnato e ricolmo di vuota retorica che ci portiamo dietro da troppi anni, e col quale per troppi anni ci hanno ingannato. Io capisco il taboo della droga, del sesso facile, della volgarità, della plutocrazia. E io capisco non condividere tutte queste cose. Ma perchè cagare il cazzo all'artista che le persegue? Perchè dire che è lui il problema quando il problema sono gli adolscenti pecoroni che non hanno voglia di farsi una cultura al di fuori di Instagram e delle playlist trap di Spotify?

No, perchè scusate se a me, i primi tre mixtape della Dark Polo Gang, piacciono. E scusatemi se mi piacciono come intero superiore alle parti, come vibes superiori al piacere intellettuale, come intrattenimento superiore al messaggio. E scusatemi se penso, e credo, che le produzioni di Sick Luke siano le migliori italiane: la sua trap è vibrante come la notte, oscura come il non-detto, alienante come il lato più ambiguo della nostra mente. E poi, realmente, butta giù le pareti, tutto.

Tony Effe, Dark Side, Wayne Santana e Pyrex sono quattro rapper abbastanza scarsi. Ma hanno saputo vedere oltre, hanno superato il rap e l'hanno ripulito dalla sua più grossa pecca: la schiavitù della rima. Il rapper, in fondo, non è mai stato un musicista: il rapper è sempre stato un nerd con una volontà incredibile, che lo spingeva a voler buttare parole su una base musicale sperando di auto-convincersi che la sua fosse musica. Non lo era, e non lo è: è più musica quella della DPG, più orgogliosamente leggera, più fedele all'armonia (per quanto faccia strano dirlo, è così) ma anche meno "convinta" (e a "convinta" dò un'accezione negativa).

Quindi, diecimila volte meglio la Dark di un Dj Gruff, di un Neffa di 'sta ceppa e così via. L'hip-hop non sta più in strada, come cazzo devo dirvelo? E non sta più neanche nel testo. L'hip-hop, oggi, è nella cassa, nel club, nel beat incendiario, nel verso colorito, nel suono e nell'estetica. Oggi siamo nel 2018, ma l'arroganza e la spensieratezza della Dark Polo Gang nei suoi tre mixtape, ripubblicati ora nella raccolta Trilogy, nel 2016 era avanguardia. Oggi cos'è? Un roba che fa ridere, che fa vomitare, che fa cantare, che fa ballare, che fa discutere. Ma che non passa inosservata. La povertà di contenuti qui non è piattume, ma essenza nuova e in grado di riprodursi da sè. Questi tre dischi spaccano, e spaccheranno almeno finchè non ci priveranno del diritto di pompare la musica negli stereo e nelle cuffie. E della voglia di farsi trascinare da una vibrazione sciocca, viscerale e primitiva come la nostra stessa natura. Dimenticate il successivo "Twins" e il suo lol-rap: qua ci sono dei veri classici, che lo vogliate ammettere o no. Da "Mafia" a "Cavallini", da "Pesi sul Collo" a "Riviste", da "Sportswear" a "Fiori del Male".

Carico i commenti... con calma