Chi è che ha militato in Squirrel Bait, Bastro, Bitch Magnet, Gastr Del Sol? Che vanta di una carriera trentennale fatta di decine di collaborazioni? Che insegna composizione all'Art Institute Of Chicago? Semplice: David Grubbs. Il chitarrista/polistrumentista di Louisville, partito dai furori dell'hardcore, passato per una visione del rock tipicamente post, sembra ora approdato ad una musica più intimista, che ha trovato spazio nella lunga e felice scia dei suoi lavori da solista.

"The Thicket" è la seconda uscita a titolo David Grubbs, pubblicata nel 1998 per la Drag City Records.

Quest'opera è caratterizzata da un bipolarimo palese. La musica country e le orchestrine jazz da un lato, la musica d'avanguardia, la passione per il suono in sè, dall'altra. La maestria del Nostro si manifesta, in primo luogo, in fase compositiva. Rispetto a musicisti dall'analogo background artistico, Grubbs affronta la melodia senza alcun pudore, dimostrando, così, grande maturità artistica; i risultati non sono mai banali, dando vita a splendide canzoni che intervallano momenti riflessivi ad altri più frizzanti, in un alternarsi altamente dinamico che difficilmente annoierà l'ascoltatore.

Un altro punto di forza del disco sono gli arrangiamenti, molto ricchi e fantasiosi. Banjo, tromba e violino sono solo alcuni degli strumenti utilizzati in fase di registrazione, anche se il vestito finale dei brani risulta sobrio, ben calibrato e mai pomposo. Questo, come più in generale il valore e la bellezza di questo lavoro, è dovuto soprattutto alla partecipazione di un combo di musicisti straordinari. Il maestro di Louisville chiama a sè alcuni dei più validi talenti del panorama musicale "alternative", molto eterogeneii per età anagrafica e passato artistico; musicisti che, oltre ad essere virtuosi dello strumento, hanno imparato ad apprezzare il valore della pausa, del silenzio, momento, non antagonista al suono, che accresce e sanziona la bellezza e la essenzialità della parte suonata stessa. Impossibile non citare John McEntire alla batteria e il leggendario Tony Conrad al violino. Le singole composizioni risultano, dunque, brillanti e leggere, lontano dalle scorie onanistiche di alcuni artisti post.

Il vero valore aggiunto dell'opera, infine, sta nel miracolo di equilibrismo tra i generi compiuto dal nostro chitarrista. Seppur abbiamo sottolineato, in prima battuta, una dicotomia musciale accentuata, la stessa, paradossalmente, non scalfisce l'omogeneità del disco. Grubbs riesce a conciliare elementi apparentemente inconciliabili con grande perizia, restituendoci una visione complessiva dell'opera che incanta e che si presenta, insieme, accesibile e complessa, tanto da regalare qualcosa di nuovo ad ogni, ulteriore, ascolto.

"The Thicket" risulta, per gli elementi sopra citati, un vero capolavoro, da gustare i ogni suo elemento con la dovuta dose di pazienza. E', inoltre, un ottimo punto di partenza qualora vogliate approcciarvi alla discografia di David Grubbs, proprio perchè caratterizzato da una alchimia delle passioni musicali del Nostro che difficilmente troverete in altri, pur validi, lavori.

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