L'inglese David Hemmings, icona degli anni '60, entrato nella leggenda per diritto, in quanto attore protagonista di "Blow-Up"(1966) di Michelangelo Antonioni. E qui mi fermo, signore e signori un attimo di dovuto silenzio.

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Riprendiamo, dopo un attimo di comprensibile commozione del sottoscritto, scusate, se sono conterraneo del "Sommo" minimalista e ho gli anni, tanti, per aver visto questa mitica opera, quando è uscita per la prima volta nelle sale italiane. Dicevamo, il giovane fotografo Hemmings uscito indenne dall'amplesso fotografico con Verushka e dalla frastornante esibizione degli Yardbirds di Jimmy Page e Jeff Beck nel "teatro dell'assurdo" della swinging London sessantesca, nonchè dai fotogrammi sgranati a tinte forti di uno dei film più psichedelici della nostra produzione, vola negli USA a Los Angeles. Qui mette in piedi un cast di tutto rispetto, recluta nientemeno che il chitarrista Roger McGuinn, il bassista Chris Hillman dai Byrds e il batterista di Oscar Peterson, Ed Thingpen, per cimentarsi nella sua vecchia passione di cantante, con un progetto musicale chiamato "Happens" nel 1967.

Prodotto da Jim Dikson, quest'opera che si avvale di molte covers illustri, non deve spaventare, da sempre sostengo che i rifacimenti spesso sono pretesto, stimolo per reinventare nuovi soggetti musicali che brillano di luce propria, comunque su nove tracce complessive, tre sono co-firmate da David Hemmings,Tanto per iniziare, questo "Happens" è opera esoterica ai margini della cultura ufficiale, tributo alla cultura oriental-hippie, pressochè sconosciuta ai più, ma non ai cultori di rarità splendenti. La prima traccia introduttiva "Black Street Mirror" composta da Gene Clark, songwriter e co-fondatore dei Byrds, è una classicheggiante ballata folk-rock accompagnata da flauto e tromba celebrativa, che ci porta subito alla seguente rispettabile "Reason to Believe" di Tim Hardin, ballata country tradizionale che Hemmings interpreta con intensa partecipazione. Ma con la terza traccia, "Good King James" di Hemmings e company, ci caliamo subito in un universo esotico-oppiaceo di profumate spezie orientaleggianti, al sitar e tabla, per poi cullarci per un attimo dal valzer di "Bell Birds". Entriamo quindi nel mantra depravato di uno sfrenato Hemmings, "Talkin L.A.", il canto arrabbiato e delirante è accompagnato da un sax accondiscendente, che ne amplifica l'effetto malfamante. Con "Anathea" il sitar e il flauto riportano il canto su righe più sobrie e dimesse per una ballata folk orientaleggiante, mentre "After the Rain" delicata canzoncina pop ci riporta per un attimo in superficie. Ma la terza traccia firmata Hemmings "War's Mystery" è un raga indianeggiante suonato con mandolino e sitar, ritmato con tabla ortodosse, è il tipico sottofondo per un trip danzante a piedi nudi. Il disco si chiude con il malinconico commiato di "The Soldier Wind", un timido tributo ai Byrds e a Bob Dylan, forse il pezzo più bello.

In conclusione diciamo che l'inglese David Hemmings, cantante solido, ma con qualche presa precaria delle tonalità, gli viene concessa l'attenuante, anche per aver contribuito con la sua illuminata e spiccata predisposizione alla divulgazione dell'acid-folk, inserendosi con sincera umiltà nel movimento hippie americano, Funge oggi da referente alla "summer of love" d'oltre oceano. Grande!  

Elenco e tracce

01   Back Street Mirror (03:21)

02   Reason To Believe (02:09)

03   Good King James (00:00)

04   Bell Birds (00:00)

05   Talkin' L.A. (00:00)

06   Anathea (00:00)

07   After The Rain (00:00)

08   War's Mystery (00:00)

09   The Soldier Wind (00:00)

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