Rita Mora era arrivata a Cologno Monzese con una valigia rigida Samsonite, di quelle compatte che andavano di moda negli anni 80, ed una ciocca decolorata che sapeva di provino scostumato e fatto di fretta.
Il codice per aprire la valigia era nove volte 9, nel segno occulto del Biscione.
Il “Biscione” visconteo aveva sempre le spire attorcigliate in 9 curve. Siccome negli stemmi spesso non riuscivano a rappresentarlo, fu invalso l’uso di disegnare un attorcigliamento completo (che vale 3 giri: due visibili e uno celato).
Lei arrivava da Mortara, o forse da Seregno.
Ma non importa: ogni frazione oltre la linea rossa della metropolitana diventava per Lei un’Eco del suo stesso Desiderio.
Ovvero sfondare nel mondo smerigliato dello Spettacolo. L'aspirazione era quella di poter partecipare un giorno lontano ad una trasmissione prodotta da Telelombardia, il sogno nel cassetto diventare un giorno inviata speciale meteo nel programma mattutino Buongiorno Brianza.
A Cologno la ospitava la zia della sua amica Betty, Ruth, che lavorava nel mercato ittico Orate di Agrate. Ogni sera zia Ruth leggeva alla nipote in anteprima l’oroscopo dell’edizione settimanale di Tele Nova. Rita invece dormiva su un divano letto, che da tempo non riusciva a richiudersi in divano, in una stanza con la carta da parati ed abbellita da bellissime stampe in nero di seppia di Giorgio Mastrota.
La vita è dura ma nei suoi occhi viva è ancora la speranza del successo.
La sera del suo arrivo, Rita si perde nei corridoi deserti del Centro Palatino, ex sede della Splendente Radio Brianza, ora occupata da start-up e centri scommesse. Lì, davanti ad uno schermo spento, cade e batte la testa. E si risveglia Camilla.
Chi è Camilla? Forse una versione alternativa di Rita. Forse l’identità che ha sempre cercato di essere. Forse un’ex valletta di Vivere che non ha mai superato il trauma della cancellazione del palinsesto alla seconda puntata. Camilla sa muoversi a Cologno con passo deciso: conosce a memoria i palchi, i camerini, le stanze degli archivi con le cassette Betamax degli spot Barilla anni ’80.
Camilla inizia a orbitare nel microcosmo della televisione lombarda. Frequenta la caffetteria dello studio 4 di Italia Gold & Silver, soprannominata la Caffetteria delle Ombre, dove da un bancone infinito di mogano regna il Barista pasoliniano e trendy, un uomo baffuto con lo sguardo penetrante e la fama di rubacuori. Serve solo caffè lunghi e se gli chiedi un ristretto ti guarda male.
Qui Camilla incontra per la prima volta il Regista decaduto: un uomo avvolto in un larghissimo trench e caduto in disgrazia dopo l'ennesimo flop cinematografico. Magrissimo monta tutti i giorni ad ora di pranzo televendite per Canale Italia ma sogna anche lui, ancora di mettere in scena un Otello ambientato al Bennet di Desio. La guarda come si guarda un trailer di un film che non uscirà mai, neanche nelle aberranti novità di VideoPrime. Le chiede se ha mai recitato in uno spot. Lei risponde di no, che non si ricorda.
Poi entra in scena l’Ex Tronista, mascella rocciosa e sogni frantumati. Una mezz'ora nell'isola dei Famosi, allo sbarco il momento clou di una carriera spezzata, per una improvvisa tonsillite sull'isola. Ora organizza provini per una fiction ambientata a Rozzano, titolo provvisorio "Cemento Armato – Sottotitolo Le lacrime non si asciugano nei sottopassaggi”.
E'infatuato, vuole assolutamente Camilla come protagonista. Anzi, la chiama "volto narrativo". Dice di volerla rendere virale su TikTok e in replica su TelePavia il giovedì sera.
Ma è qui che subentra Betty, ha una sicurezza mai vista prima, la zia Ruth le ha predetto finalmente nell'oroscopo che è arrivato il suo momento. Arriva al provino per "Cemento Armato – Le lacrime non si asciugano nei sottopassaggi" vestita come se stesse andando a una cresima, ma con negli occhi la fame delle grandi occasioni. È convinta che tutto sia reale. Che basti crederci. Che se stringe abbastanza bene quelle mani giuste, un giorno sarà conduttrice in seconda di Buongiorno Brianza.
Camilla invece è già dentro. Da anni. O almeno così dice. Porta occhiali scuri anche in ambienti interni e senza luce ed un foulard leopardato che lascia intendere passaggi a vuoto tra uno studio e l’altro. È apparsa in una puntata di Lucignolo del 2003. La videocassetta di quella puntata è sempre con lei, anche in bagno. Sostiene di aver fatto la controfigura di Valentina Trevisan durante una sigla censurata. Lei è enigmatica, tagliente, sempre a metà tra diva e truffatrice, con la voce che sembra doppiata con una sincronizzazione labiale sfasata di qualche settimana.
Le due si incontrano proprio nella Caffetteria delle Ombre. Betty ordina un caffè decaffeinato, lo zucchera due volte come ha letto si fa nei provini che contano. Camilla la guarda, sorride e le dice: “Sai, il decaffeinato è per chi non vuole svegliarsi davvero.”
Subito dopo entra l'ex tronista, saluta Betty con fare svogliato con un cenno e invece chiama Camilla “la mia musa mancata”. Il regista teatrale le osserva entrambe come fossero due personaggi scritti da qualcun altro -e probabilmente lo sono- .
Betty cerca di capire dove sia il copione. Camilla le dice che non c'è. “Siamo già alla puntata pilota,” sussurra, “siamo le stelle cadenti di un prequel senza seguito”.
Si muovono tra provini posticipati, coreografie in aperta campagna, apparizioni fugaci in backstage di spot per divani letto. Camilla prende Betty sotto la sua ala, ma è un’ala che gocciola veleno e nostalgia. Le insegna come stare in piedi in controluce. Come sorridere quando la battuta non è tua. Come restare visibile anche quando sei sfocata.
Intanto i tre loschi figuri ruotano attorno a Camilla, è palese che stanno iniziando a provarci. Il regista le promette un monologo. Il tronista una locandina dedicata alla sua Bellezza. Il barista una cena al Moro. Ma nessuno la guarda veramente: vedono solo l’Eco di qualcosa che hanno perso. Camilla li accoglie, li ascolta, ma cambia. Ogni giorno è più diversa. Poi sparisce per giorni. Quando riappare, ha uno sguardo opaco e la voce di qualcun’altra, e la sincronizzazione labiale sfasata di mesi.
Nel frattempo, l'Entità Silvio inizia ad apparire. Mai in primo piano. Mai annunciato. Ma c’è. Lo si intravede nello specchio della Caffetteria delle Ombre mentre il barista finalmente silenzioso serve un irish coffee. Compare in tuta mimetica nello sfondo delle riprese del provino. Appare sullo schermo spento del televisore quando nessuno lo guarda, un po' Blog ed un po' Videodrome. È sempre lì. Non fa nulla. Ma sorride.
Sempre.
Sorride con calma.
Come chi ha già visto il Finale.
La storia si avvolge su sé stessa.
Möbius in Fabula.
Il Regista propone a Camilla per intortarla un ruolo di sé stessa in una fiction da girare con una troupe esterna in Romania. Il Tronista chiede se può chiamarla "Betty" per un progetto internazionale con fondi di qualche comunità disponibile. Il barista le serve un espresso lunghissimo e drogato con spezie dionisiache e le dedica, leggendo dal libro nascosto sotto il bancone, la Poesia Sogno di Ungaretti, cosa tira più di un carro di buoi.
Una sera tardi, i tre la portano al Club Silencio. È nascosto sotto un parcheggio multipiano, illuminato da neon blu ed insegne di auto finite fuori produzione.
C’è un palco, ma nessuno suona.
Ma un microfono è acceso. Lampeggia un led per Minuti Eterni.
Silenzio. Ma non arriva nessun presentatore, ma compare Lui direttamente.
Silvio finalmente si è materializzato sul Palco del Club Silencio.
Indossa un completo bianco. Si aggiusta il nodo della cravatta con gesti coreografici. Guarda il pubblico, guarda Camilla, cerca con lo sguardo Betty.
Ma Betty dove cazzo è andata.
Poi parla.
"Signore e signori," dice con tono misurato, "questa… non è una barzelletta. Ma ve ne racconto una lo stesso."
Pausa. Occhi bassi. Sorriso trattenuto.
Poi comincia.
Parbleu!" - "pàr blö perchè l'é sìra, ma dumàn l'é bèla giàlda".
(Antica barzelletta che racconta di un campagnolo lombardo a Parigi, il quale, per una forte impellenza, soddisfa i suoi bisogni corporali in luogo non del tutto nascosto. Un passante parigino commenta la non gradita visione esclamando "parbleu!". Il villano pensa a un riferimento al colore ("pàr blö") di quanto ha "depositato", rispondendo premurosamente che sembra blu perché è sera, ma che all'indomani apparirà nel suo colore naturale.)
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Altre recensioni
Di Fidia
Non vogliate capire "Mulholland Drive", ma percorrerla ed avventurarvi nell'ennesima storia inquietante ed affascinante creata da Lynch.
Un amore così viscerale che si può spezzare soltanto con la morte.
Di Ugogigio
Chi non apprezza un film del genere non è perché non lo ha capito, ma perché non lo ha sentito.
Mulholland Drive è un continuo superarsi che rasenta la perfezione, un film di una tale bellezza da suscitare le lacrime.
Di LKQ
David Lynch non è tanto sfuggente quanto enigmatico: un bersaglio mobile per chi lo intervista.
È così emozionante quando ci si innamora delle idee. In un certo senso ci si perde. E perdersi è meraviglioso.
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David Lynch riesce a creare Cinema con la C maiuscola, un capolavoro compiuto in se stesso.
Mulholland Drive è un caleidoscopio di sensazioni che rispecchia gli abissi della psiche umana.