Il bolero è la terapia dei cuori straziati per amore. La musica cantata cubana di radice spagnola… L’avresti detto? Mah; è oramai certo che in certi frangenti dove unisci i puntini sparsi della tua vita c’è una canzone che ti aiuta a farlo. Col retrogusto mistico e l’afflato di uno scambio di cortesie. Accade abbastanza sillogisticamente.

Poi c’è Riondino, che è un po’ come Virgilio per Dante. Virgilio e non Beatrice. E se perdi Beatrice perdi tutto. Cosa ci hai guadagnato? I canti bucolici. Ma che cazzo (franco francesismo)! Eppure, se ti par poco te ne farai una ragione.

Riondino traduce in italiano questi bolero con parole così semplici e universali, ferventi dell’intento stesso che li partorì, che te li fanno sentire indicibilmente intimi. Subito quelle canzoni ti riguardano. Ti procurano una sorta di visione. Uno scorcio immenso sull’essere. Come entrare e uscire dalla propria solitudine incessantemente. Inebetendoti non poco.

C’è insomma un campionario umano globale di storie d’amore, un vasto consorzio di relazioni: vite bastarde, cuori spezzati, sogni, illuminazioni, ricordi struggenti, necessari inganni e dignitose rinunce. Tutto che ti attanaglia. Note e versi di tanti autori. E, di volta in volta, il sangue, le lacrime, i sussurri e i bianchi affanni.

Come un lenitivo, un balsamo, quei canti stanno poi lì, nel loro disegno d'insieme, ad alleviare la sofferenza comune, nella delicata essenzialità spennellata e diffusa dall’Open World Jazz Quartet; il combo distilla note primordiali maledettamente sincere ed educatamente fantasiose, alternando chitarra, fisarmonica, basso acustico, batteria e maracas.

David Riondino, il menestrello di Duluth ad honorem e di Firenze, canta con quella sua proverbiale ironia, che un qualunque ateniese rompiballe del IV secolo gli avrebbe invidiato per misura equilibrata, garbo sapiente ed efficacia costruttiva. La rispettosa partecipazione lo porta al di là del dramma serio o faceto, immergendolo –a ciclo continuo, come in una gigantesca lavatrice- nella più pura sostanza umana. Per esaltarla nel suo pervenire a se stessa, diventare pura esigenza comunicativa con altri e per altri uomini, maschi e femmine, di ogni tempo (o al minimo per i caratteristici 3/4 del tempo...).

Tra gli originali di riferimento di quei boleros e di un paio di tango e fado, val la pena di ricordare almeno la folgorante “Puro Teatro” interpretata ferinamente da La Lupe (usata da Almodovar in chiusura di “Donne sull’orlo di una crisi di nervi””) o “Veinte Años” (sentita in “Buena Vista Social Club” e) scritta da Maria Teresa Vera, oppure il successo di Chaqueño Palavecino “Amor Salvaje”.

E a chiudere, solo apparentemente per celia, una strepitosa resa folklorico-portoricana e filosofico esistenzial-kirkegaardiana di Vasco Rossi, de “Il mondo che vorrei”, nello splendore della sua carne martoriata e nelle sue parole limpidamente allucinatorie e malferme (cioè: “Ed è proprio quello che non si potrebbe che vorrei/ Ed è sempre quello che non si farebbe che farei/…/ Non si può/ Fare quello che si vuole/ Non si può spingere/ Solo l'acceleratore”). Un finale amaro, quasi inintelligibile, ma che non è l’ultima vera parola sulla questione. E fortunatamente neanche la prima!

Queste canzoni andavano cantate. Tutte insieme. Con questa devozione. Ed eccole qui. Colpo di genio! E noi spettatori e parte in causa di questa catarsi e terapia. Potrà sembrare ridicolo che siano nate in territorio neutro, la Radio Svizzera. Potrà sembrare peregrino che facciano parte di uno spettacolo teatrale, dove sono alternate alla lettura del troppo trascurato poeta umoristico piemontese Ernesto Ragazzoni. O ancora che, infondo, questo canzoniere sia restato così nascosto, dacché, seppur capolavoro, non possa esser detto nemmeno di nicchia. Ma, alla faccia della nicchia, il canzoniere fiorentino-elvetico-cubano è pronto per essere rivelato in un giorno messianico, ancora al di là da venire ma già gravido di redenzione. Alla faccia di quest’epoca impietosa di passioni tristi!

Val sempre la pena rischiare col cuore. Ci guadagnate almeno tutta la bellezza di queste canzoni. Val la pena seguire il cammino di Santiago de Cuba di Riondino.


“Se potessi ritrovare il tempo che se ne va/ Tu mi ameresti ancora come venti anni fa”.
(Veinte Años)


“Che maniera d’amare tremenda/ Non posso più cambiare quel che sono/ …/ Questo amore selvaggio, quest’ansia forte e pazza di averti fra le braccia mordere la tua bocca con desesperación/ E lottai per scordarti/ Vincere il mio destino/ …/Quest’amore selvaggio che mi darà la morte/ Però che me ne importa/ Se tornerò ad amarti laggiù nell’aldilà!”.
(Amor Salvaje)


“Così ti vendi, sì, notizia grata/…/ Non credere che ti odi o ti disprezzi/ E anche se ho pochi soldi risparmiati/ E negli affari in genere scarseggio/ Aspetto che diventi meno cara / Un giorno o l’altro calerai di prezzo!”.
(Doble Inconsciencia)


“Ti giuro su di noi che mi costa la vita/ E sarà una ferita che non si chiuderà”.
(Verdad Amarga)


“E se non ti posso avere/ Perché Dio mi ha fatto male/ Per soffrire sempre più/…/ È la storia di un amore che non può tornare/ Che mi ha dato la misura del bene e del male/ Che mi illuminò la vita e che poi mi abbandonò”.
(Historia de un Amor)


“Quando avrai capito che cosa è la vita non piangere più/ bisogna accettare che tutto è menzogna non c’è verità/ Andare incontro alla felicità prender la gioia che ci toccherà/ Perché tirando le somme vedrai che la vita è un sogno e che tutto va/ … / Tutto è soltanto un eterno dolore, non abita il mondo la felicità”.
(La Vida Es un Sueño)


“Se regali alla mia vita il calore di un amore falso/ Mentimi tutta la vita è un inganno che mi fa felice”.
(
Miénteme)


“Il mio cuore al tuo amore si afferrò disperatamente/ E non so perché la tua bocca ha detto la parola Adios/ E adesso sono solo, irrimediabilmente solo/ E sarà la mia vita soltanto pianto e dolor”.
(Irremediablemente Solo)


“Io credevo ciecamente nei tuoi baci disperati/ Mentivi serenamente ed il sipario è calato/ Teatro il tuo è puro teatro/ Falsità ben recitata e studiato simulacro/ E la tua scena migliore fu di strangolarmi il cuore/ E oggi che piangi davvero ti rivedo recitare/ perdona se non ti credo/ Ma sembra puro teatro”.
(Puro Teatro)


“Ubriaco di tristezza, penso che malgrado tutto/ Nella mia vita di paria sei stata buona con me/ La tua presenza discreta ha riscaldato il mio nido/ Sei stata buona, costante e lo so che mi hai amato”.
(Mano a Mano)


“A volte sembra quasi che si fermi sulla soglia/ Come se volesse entrare/ Ma sono solo e lei non viene/ Era un fantasma era un illusione/ Che poi quando svanisce lascia ancora nel mio cuore le ceneri del disamore./ L’orologio pallido d’argento/ Il tempo è una palude che non finisce più/ Ininterrotta processione di fantasmi che mi contemplano /E che ridono di me/…/ E se ne va la tua bocca che era mia e resto solo con quest’ansia di te”.
( Solitudine)


“Solo pochi anni fa stringerti la mano, rubarti un bacio/ E rispettare il momento erano parte di una verità/ …/ E in ogni conversazione, ogni bacio ed ogni abbraccio si impone sempre un pedaggio di paura/ Così viviamo guardando il tempo che ci consuma/…/ E a tutto dico di sì e a niente dico di no/ Per costruire così questa tremenda armonia che invecchia il cuore e la fantasia/ Perché il tempo passa e si invecchia malvolentieri/ E in ogni abbraccio, in ogni conversazione si impone sempre un pedaggio di ragione”.
(
Años)


“Non mi parla mai d’amore non condivide dolori e non chiede niente in cambio di quel che da. / È violenza e tenerezza non domanda sicurezza e mi abbraccia come avesse soltanto un giorno d’amore”.
(El Breve Espacio Ben Que No Estas)

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