Collapsing into joy… … …

Costantemente bilico tra l’irreale ed il surreale, il lento incedere di questo disco ti porta dolcemente tra le braccia sognanti di una dimensione sospesa.

Potrebbe essere l’ideale colonna sonora per un documentario sul fronteggiarsi delle stagioni, lo è sicuramente per le visioni della propria anima, proiettate sullo schermo, teso dal maestrale intriso di salsedine.

I brani si susseguono senza sconfinare mai dall’uniformità predestinata; questa caratteristica è un pregio e non un limite di questo capolavoro. Ogni nota, partendo dai sussulti di chitarra, suonata egregiamente sia dallo stesso Sylvian che dall’immenso Marc Ribot, sino ai mai invadenti campionamenti, cesella questo disco in una forma mutante ad ogni ascolto.

I Surrender”, “Thalhiem” e “Darkest Dreaming”, sono le perle di un lavoro che potrebbe accompagnarti in quel sogno dal quale non vorresti risvegliarti mai.

In the everything and nothing In disharmony and rhyme In the sound of shot and echo Who's the victim, what's the crime? What's the crime?

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