Tutti e tre i lavori degli anni '80 dell'ex Japan avrebbero meritato di rappresentare il meglio della decade. Se la mia preferenza va a "Secrets of the Beehive" è perché in esso Sylvian riesce a pervenire ad un linguaggio musicale più accessibile, con un riavvicinamento alla forma canzone che, in taluni episodi, produce risultati eccelsi: ascoltare "Orpheus", se si hanno dei dubbi .
In ogni caso, la musica del nostro continua a sfuggire ad ogni definizione: è "ambient" senza la vacuità che contraddistingue tanta parte di quel genere; è "d'avanguardia" senza essere, però, mai fredda o cerebrale; lambisce il pop e il jazz, ma sarebbe errato etichettarla in entrambi i modi.

E', comunque, musica di grande suggestione, avvolgente, onirica. Sylvian lavora per sottrazione, e il silenzio e le pause sono elementi essenziali della sintassi musicale di "Secrets". La sua inconfondibile voce bassa e cavernosa poi che spesso , più che cantare, sussurra gli ermetici testi, rende ancora più originale ed attraente il risultato finale. Un contributo essenziale alla buona riuscita dell'album è dato dall'amico Ryuchi Sakamoto, presente con le tastiere o gli arrangiamenti in tutti i brani.
Oltre alla già citata "Orpheus", brano di misteriosa e conturbante bellezza, al quale contribuiscono anche due strumentisti di prim'ordine, Danny Thompson al basso e Mark Isham alla tromba, bisogna citare almeno "The Boy with the Gun" con in primo piano la sapiente chitarra di David Torn e il "pastoso" basso di Thompson a rincorrere i dolori del (non più) giovane Sylvian.
In "When Poets Dreamed of Angels", ai musicisti citati, si aggiunge Phil Palmer, che con la sua chitarra dà al brano un ritmo di sorprendente flamenco, assecondando le ardite metafore dell'autore. "Mother and Child" è, invece, il brano più sperimentale, con sconfinamenti nel free-jazz pianistico.

Tutti i musicisti coinvolti nell'album mettono a disposizione la loro superiore abilità tecnica senza protagonismi, dimostrando classe e dedizione al credo musicale di David. Altri titoli andrebbero menzionati: il capolavoro in miniatura "September", ad esempio, che apre magistralmente il lavoro. Ma soffermarsi sui singoli brani non rende il giusto merito ad un album che fa della compattezza, del rigore formale, dell'equilibrio tra le parti i suoi punti di forza.
La musica di Sylvian è un "unicum" da proteggere gelosamente e i "segreti dell'alveare" andrebbero rivelati solo a coloro che sono in grado di apprezzarli; a chi non ha paura di rimanere solo con se stesso.

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