Io sono un mostro.

Lo so. Lo vedo nei vostri sguardi sfuggenti, ve lo sento bisbigliare.

Per questo mi nascondo.

Dietro quella apparente normalità, dietro quei modi affettati da innocuo bourgeois di campagna, dietro certi prolungati silenzi, il mostro ulula.

Come Crocus Behemoth.

Anche lui si nasconde, solo che il suo nascondiglio ha le fattezze elefantine di un giovane Pantagruele di Cleveland (Ohio): David Thomas. E non deve essere stato facile per quel gigantesco adolescente, figlio di un insegnante di Letteratura, portarsi appresso i suoi fantasmi nascosti in quel corpo che era impossibile da far passare inosservato. Depressione, paranoia, persino schizofrenia, così hanno detto; ma che ne sanno: è solo il mostro che urla e bestemmia, è solo Crocus che vuole uscire.

Ora, ci vorrebbe un altro Alcofribas Nasier per raccontare, molto meglio di me, il contorto peregrinare del nostro noble Pantagruel. Peregrinare che non lo porta né dai Papefigues e neanche dai Papimanes ma, bensì, tra le fila dei Testimoni di Geova (e, per quanto mi risulta, quella scelta non è mai stata ripudiata). Ma, per sua fortuna, David scopre la Musica e la Scrittura che riescono a farlo venire a patti col suo mostro, scopre anche che il mostro si chiama Crocus Behemot e, con quel nome, inizia a scrivere recensioni ed articoli musicali per un fogliaccio di Cleveland: the Scene.

Poi anche David incontra il suo Panurge.

Panurge ha le sembianze affilate e le dita nervose di Peter Laughner. Insieme sono Morgante e Margutte, il gigante convertito e rabbioso ed il suo sodale selvaggio e sregolato, insieme sono i Rocket from the Tombs. E saranno concerti incendiari che ancora oggi alimentano una piccola leggenda che, purtroppo ha lasciato ben poche tracce su vinile. I Rocket, com’è giusto e naturale che sia, dureranno giusto il tempo di un urlo liberatorio, poi esploderanno (ed una parte finirà nei Dead Boys).

E Peter e David ricominciano.

Ora avrebbero bisogno di un rifugio, di un posto dove stare, dove pianificare l’assalto al cielo. Una cosa tipo la zucca gigante rifugio della congrega del Baldus di Folengo.

E la zucca c’è! Si chiama “the Plaza”.

Il Plaza era un ex condominio di lusso dalle parti di Euclid Avenue, lì a Cleveland. Era stato costruito per ospitare le amanti degli industriali milionari le cui dimore fiancheggiavano quella stessa Euclid Avenue (il cortile di The Plaza era incentrato su una fontana a forma di cuore!). Qui una delle palazzine apparteneva a Allen Ravenstine, che ne affittava gli appartamenti, in pratica, solo a musicisti.

Al Plaza ci sono Herman e Kraus e lo stesso Ravenstine (ed i synth stranianti di Ravenstine sono marchio inciso a fuoco nel suono dei Pere Ubu quasi quanto il cantato rantolante di Thomas). Poi arriverà anche Maimone.

Così David/Crocus diventa il Padre Ubu.

Re Ubu, maschera deformata e visionaria, pingue e animalesco, perennemente affamato e patologicamente bramoso di potere, immorale ed eversore di ogni convenzione sociale, inventato da quel genio di Alfred Jarry, è il contraltare perfetto di quello che – in quel tramonto dei ‘70 – era il nostro David, ormai rimasto solo, perché Peter se lo portano via l’alcol e le droghe giusto un attimo dopo che i Pere Ubu avranno visto la luce.

E si dovrebbe dire anche qualcosa di Alfred Jarry, quel Jarry che è un ponte gettato tra Cleveland e Canterbury (devo averlo scritto anche da qualche altra parte), quel Jarry che ci ha dato Ubu Re, il Dr. Faustroll e la patafisica e la “merdre”. Ma, anche stavolta, già mi sono dilungato troppo, dovrà esserci altra occasione. Forse.

“I Pere Ubu volevano solo essere i Crosby, Stills, Nash & Young della musica underground di Clevelend” (David Thomas).

L’idea era di registrare uno, forse due, singoli e poi non esistere più. Nessuno dei musicisti voleva far parte di un'altra rock band; e, invece, quella storia non è finita ancora. Ecco, se hai ascoltato solo “Modern Dance” allora – credimi – non hai idea di quello di cui sono capaci i Pere Ubu (se non hai ascoltato neanche “Modern Dance” allora che stai qui a leggere a fare? Vai su FB a postare gattini…). Dal ’78 all’’82 i Pere Ubu tirano fuori 5 dischi pazzeschi, 5 capolavori straordinari (e, nel frattempo, agli Ubu si unisce anche il leggendario Mayo Thompson. Mica debbo dirti chi è?), “avant-garage” la chiama Thomas e sono dischi che – naturalmente – non vendono un cazzo. Ecco, per cominciare, procurateli tutti e cinque, fidati!

Ma questa è un’altra storia.

La storia che ti voglio raccontare comincia qui, nell’’81, dopo un tour americano disastroso e dopo mesi di crescenti attriti tra i membri del gruppo, la band cessò semplicemente di esistere. “Song Of The Bailing Man” doveva ancora essere mixato e non sarebbe stato pubblicato fino al giugno 1982. Ma, ormai non c'era nessuna band per il tour. Così David/Crocus se ne va in Europa e qui incontra Richard Thompson (si, QUEL Richard Thompson!) e altri bei nomi come Chris Cutler, Lindsay Cooper, Garo Yellin, John Greaves ed altri; poi ritrova vecchi amici come Anton Fier e Allen Ravenstine e Tony Maimone con cui non si erano incrinati i rapporti e tira fuori una serie di dischi solisti sotto un paio di bizzarri moniker (David Thomas & the Pedestrians, David Thomas & the Woodden Birds). Dischi che estremizzano quello stupro alla musica pop già perpetrato dai Pere Ubu e che del rock hanno solo una lontana parvenza, che ne scarnificano il cadavere. Thomas si asside tra la Sacra Trinità dell’Urlo Liberatorio, alla destra di Captain Beefheart ed alla sinistra di Tom Waits, mentre Scott Walker e Peter Hammill applaudono da lontano.

Thomas bofonchia, biascica e salmodia, rantola ed urla; è come un tizio che borbotta frasi sconnesse tra la folla – scriverà qualcuno – ma che, poi, se ci fai attenzione sta parlando proprio a te. Musica che puoi solo amare alla follia o odiare in toto (inutile dire da che parte sto io!). Il mostro è libero, anche se il corpo geme.

“The Sound of the Sand”, “Winter Comes Home”, “Variations on a Theme”, “More Places Forever”, “Monster Walks the Winter Lake”, “Blame the Messanger”; inutile dire quale sia il migliore: o tutti o nessuno.

Ed infatti, nel 1997, David/Crocus li remixa e li pubblica tutti insieme (tranne “Winter Comes Home”, che lui ripudia ed un EP dell’’81 “Vocal Performances” con in più, nelle prime versioni, “Meadville”, un live di David Thomas & Two Pale Boys che non verrà incluso nelle successive riedizioni) in un cofanetto: il qui (ignobilmente) da me recensito “Monster”.

E, credimi, non si potrebbe immaginare titolo più adatto. Musica mostruosa. Musica per mostri.

Ora tocca parlare del “principio dell’anatra”: “Se sembra un'anatra e ondeggia come un'anatra e ciarla come un'anatra, allora è un'anatra. La stragrande maggioranza della reazione ai Wooden Birds in concerto fu che la band suonava come i Pere Ubu. Negare un imperativo storico sarebbe codardo e indecente” (David Thomas).

Così i Pere Ubu ritornano in pista (e lo sono ancora a tutt’oggi), con alterni risultati, ma almeno “The Tenement Years” andrebbe ascoltato. David Thomas non si ferma qui: è un vulcano di idee e progetti, dai Two Pale Boys (di cui va recuperato, almeno assolutamente, “Erewhon”), la Pale Orchestra con dentro gente come Linda Thompson e Peter Hammill (!!), I Foreigners con un gruppo di jazzisti danesi, il”club delle fisarmoniche”, produzioni teatrali, reading, ben 4 (quattro) libri, programmi radiofonici e chissà cos’altro gli frulla per la mente. Pur di non fermarsi, pur di non dover fare i conti – una volta e per tutte – con Crocus Behemoth.

E’ stanco, David, il corpo è segnato dalle battaglie. Lo portano di peso sul palco, e quello che attualmente è l’ultimo disco dei Pere Ubu ha un titolo che sembra essere una profezia: “The Long Goodbye”.

Dove riposano i mostri?

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Qualche giorno fa riascoltavo per l’ennesima volta – come ormai da settimane non riesco a smettere di fare – “Monster”.

Era venuto, a casa nostra a giocare, un amichetto di mio figlio. Il bimbo – 8 anni – ad un certo punto entra nel mio studio e resta assorto ad ascoltare per qualche minuto.

Poi, sinceramente incuriosito, mi fa: “ma che musica è questa?”

Ora, se stai cercando una recensione che ti spieghi come suona “Monster” – ecco – io non credo che la si possa fare migliore di così.

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