Dead By Sunrise è il nome del progetto collatrerale di Chester Bennington, vocalist dei Linkin Park, che per dare vita ai brani di "Out of Ashes" ha voluto tra le sue fila anche gli amici di vecchia data Amir Derakh, Ryan Shuck, Elias Andra e Brandon Belsky dei Julien-K. L'album contiene una serie di canzoni, maturate nel corso degli ultimi tre anni, che Chaz ha ritenuto inadatte alla formula rapcore e nu-metal (o nu-pop negli ultimi tempi) dei Linkin. C'era il rischio che si trattasse di una semplice raccolta di b-sides da dare in pasto al grande pubblico ma, grazie all'inserimento di questi ottimi musicisti, il risultato è stato sound abbastanza differente dallo "stile LP".

Il pregio o il difetto di questo disco è quello di essere estremamente eterogeneo. Se da un lato infatti Chester può dimostrare di sentirsi perfettamente a proprio agio in ogni genere di situazione, dall'altro la band fatica a ritagliarsi una propria identità musicale. Ballate alla U2 ("Into You"), poi dal sapore space rock  ("Fire" ricorda molto gli scenari spaziali degli Angels & Airwaves) e poi ancora decisamente pop ("Give Me Your Name"), si alternano senza coesione a brani di puro rock n' roll come "Crawl Back In", "Inside Of Me" e "Condemned" che sanno molto di Velvet Revolver. In entrambi i casi comunque si raggiungono risultati convincenti, che trovano la loro massima espressione in "Let Down" e "My Suffering".

La prima è una canzone già nota ai fan dal 2005, quando fu proposta in occasione del 'ReAct: Music & Relief' in una versione acustica da pelle d'oca. Nel disco appare invece in una forma più pesante e densa di elementi elettronici che, ciò nonostante, si amalgama perfettamente all'atmosfera coinvolgente ed emozionante del brano. In "My Suffering" Elias picchia duro alla batteria, e Chester si trova finalmente libero di lasciar andare al massimo le sue corde vocali; sembra quasi di risentire la bestia indomabile dei bei tempi, quella che sputava fuoco al grido di ‘‘shut up when I'm talking to you!''.

Il resto del disco si lascia ascoltare volentieri fino alla fine, merito del synth di Amir che si inserisce bene non appena intravede un pò di spazio, e grazie anche a una grande prova alla chitarra di Ryan Shuck, capace di sfoderare riff travolgenti e di esibirsi in numerosi assoli entusiasmanti che nel mondo del rock moderno si sentono sempre meno.

Un disco d'esordio promettente dunque, che mette in risalto il talento e la grande versatilità di Bennington il quale dà prova di possedere una voce unica e dalle mille sfaccettature.

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