1997. Erano passati ormai 6 anni dall'uscita del capolavoro "Heavy Demons", vero vanto di tutta la scena Metal della penisola, 6 anni durante i quali in ogni caso il nostro vampiro Steve Sylvester non se n'era certo rimasto con le mani in mano, pubblicando nel 1992 il leggendario live "The Cursed Concert", nel 1994 il disco da solista "Free Man" ed arruolando nella formazione dei Death SS nel 1995 il primo tastierista ufficiale, Freddy Delirio.
Era fin troppo chiaro che qualcosa bolliva in pentola: la presenza di un tastierista stabile e un ulteriore stravolgimento della line-up (accanto al batterista Ross Lukather, reduce della formazione precedente, erano entrati i chitarristi Emil Bandera e Felix Moon, il bassista Andrew Karloff ed il tastierista Oleg Smirnoff, già membro dei Vision Divine) preannunciavano sicuramente una virata stilistica, ma nulla avrebbe mai e poi mai fatto pensare all'uscita di un album del calibro di "Do What Thou Wilt".
Con questa uscita i Death SS presentavano un sound ed uno stile completamente rinnovati, più pesanti e gotici, sperimentando senza paura nuove soluzioni concedendo largo spazio alla tastiera, introducendo cori femminili e discostandosi dai ritmi tradizionali dell'Heavy-Power Metal che li aveva caratterizzati sino ad allora: in questo senso è ancora una volta da ammirare la duttilità del potente batterista Ross Lukather, che flette senza problemi il proprio stile per adeguarlo a quello di questo "nuovo corso". La svolta è palpabile anche nei testi, che non parlano più di morti viventi, orrori oltre la tomba e riti innominabili, ma esprimono concetti e dottrine esoteriche attraverso un linguaggio ermetico, iniziatico.
Un album molto sperimentale, dicevamo, sin dalla inconsueta intro "The Awakening Of The Beast" recitata da una voce distorta elettronicamente, che lancia una tripletta di pezzi da manuale, assolutamente i più riusciti del disco, dove si rivela appieno il potenziale della tastiera, che carica i brani di una minacciosa atmosfera da notte di tregenda: la devastante e velocissima "The Phoenix Mass", la pesante "Baron Samedi", con i suoi ritmi tribali e l'indimenticabile, magnifica "Scarlet Woman", forse il brano migliore del lotto. "Serpent Rainbow", ballata atmosferica dal sapore misticheggiante, rallenta i tempi prima di gettarci a capofitto nella mancata title track: "Crowley's Law", quella legge telemitica di Aleister Crowley immortalata proprio dal titolo dell'album: "Do What Thou Wilt", un "fai ciò che vuoi" che esprime un concetto quasi luciferino di libertà che infrange le regole e le convenzioni più inutili ed ipocrite per fermarsi solo prima di danneggiare la libertà altrui; la canzone è un Thrash-Nu Metal violento arricchito da inserti elettronici che preannunciano sviluppi stilistici ancora lontani (chi ha detto "Humanomalies"?). "Guardian Angel", più pesante e tirata, "Shrine In The Gloom", più lenta ed atmosferica, l'oscura e mefitica "The Way Of The Left Hand" e la conclusiva, infernale "Liber Samekh" sono altri quattro ottimi brani, impreziositi dal lavoro di un Oleg Smirnoff ispirato al massimo ed in grado di creare con la sua tastiera atmosfere notturne ed inquietanti.
Una sperimentazione pienamente riuscita, dunque, questo "Do What Thou Wilt" per i nostri Kings of Evil, una virata stilistica che non delude affatto, una svolta che avrebbe portato col tempo i Death SS alla più che meritata fama internazionale, un'evoluzione che evitò allo Steve nazionale accuse di staticità e spostò il gruppo quasi all'avanguardia, il disco di una rinascita artistica che non scade nel ridicolo o nel già sentito e che aprì una nuova era in casa Death SS.
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Altre recensioni
Di dominus_sathanas
Un album che ha segnato la storia del gruppo toscano e dell'intera scena metal italiana.
Forse addirittura l'unico album davvero fatto bene.