Il titolo del nuovo lavoro dei Death SS è "The Seventh Seal" e forse prende spunto da un magnifico film svedese del 1957 per la regia di Ingmar Bergman, in cui, un cavaliere tornato dalle crociate nella sua terra natia, vi trova caos, distruzione e sfacelo. Disperandosi, incontra la morte e per dare un ultimo senso alla propria esistenza, la sfida in una partita a scacchi letale, in cui la Morte stessa, alla fine, perderà anche grazie all'aiuto dato al cavaliere da parte di un carrozzone umano e simil-umano variegato e strambo, che s'avvia con lui in un percorso di vita sfinita dalla peste e dalla malvagità dell'uomo.

Il film, che ha fatto da catalizzatore e centinaia di fumettisti e romanzieri è un caposcuola del pensiero e della filosofia surrealista, e nella regia si annida tutta la sua bellezza: la Morte stereotipata come la conosciamo e la raffiguriamo noi odiernamente, rappresentata come un essere androgino con un mantello nero che la copre, sullo sfondo semitrasparente e opaco di un mare scuro e misterioso. Assolutamente angosciante.
I Death SS, dunque, hanno voluto dare omaggio al regista svedese e al cinema surrealista, e forse, visti i presupposti odierni della band, non sarebbe nemmeno tanto una possibilità remota, visti i contenuti e la voglia sempre presente di stupire l'ascoltatore con il loro modo di suonare che, Steve Sylvester, ama etichettare come "Horror Rock".

In realtà, "The 7th Seal" è un percorso artistico che parte dalla ruvidezza e dalla rocciosità dei suoni, tanto simili ai primi ascolti a quelli dei Black Sabbath di "Dehumanizer" ed arriva ad un approccio che miscela sapientemente melodia e goticismo, effettacci pesanti ma messi dove stanno per precisa scelta e sibilline messaggistiche ermetiche ed occulte. È un piacere ascoltare l'album, che comunque rimane bellissimo, e scorgerne le numerose, numerosissime, influenze, attitudini, e derivanti che ne scaturiscono: Rob Zombie, Black Sabbath, King Diamond (di cui Sylvester è amico personale), Kiss, Goblin, ecc. ecc.

Questa amalgama investe in tutto e per tutto il "feeling" dei Death SS, dalla maniera di vestire tanto simile a quella dei Kiss vecchia epoca ma resa ancora più orrorifica e gotica (qualcuno dirà invece "clownesca", e forse non avrà tutti i torti. Ad ognuno la sua), come se fosse un rimando a certi Dimmu Borgir o Cradle of Filth, al modo di armeggiare con le chitarre (che, come ho detto, sono molto simili a quelle che si ascoltano nei Black Sabbath, maniera di Ronnie James Dio), al cantato che, seppure non è mai in falsetto, lo si potrebbe benissimo accostare ad un già citato King Diamond, ma anche a Gene Simmons o ad Alice Cooper.

Proprio Alice Cooper, infatti, sembra essere l'artista che più si potrebbe avvicinare a Steve Sylvester. Gli spettacoli da Grand-Guignol e l'attitudine dissacratoria e blasfema. Tutto quanto contribuisce a dar fiato e "verve" ai Death SS che nella loro lunga carriera fatta di coerenza e circuiti di culto, hanno saputo sempre far coesistere l'attitudine orrorifica ed occulta con una sincera onestà intellettuale ed artistica che, oltretutto, li premia ad ogni uscita, puntuale e diversificata rispetto alla precedente e poi, diavolo, stiamo parlando probabilmente, della più famosa band Heavy Metal italiana nel mondo! E se all'estero (all'estero, non qui in Italia) hanno tanto seguito, forse un motivo ci sarà, no? Sarà che i ragazzi stranieri, sono molto più svegli di quelli italiani che preferiscono il Nu-Metal spazzatura e chi si vende persino la nonna per fare soldi? Io credo di sì, e per quanto mi riguarda, torno ad ascoltarmi "The 7th Seal", con le sue magnifiche ed angoscianti architetture scaturite ad ogni passo e che si ritrovano, per esempio, in "S.I.A.G.F.O.M." (è un acronimo. Per sapere che cosa significa la sigla, compratevi l'album...), in "Der Golem", in "Venus Gliph" e, in generale, in tutte quante le composizioni, buonissime, di questo lavoro.

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