È il 3 ottobre 1984 quando due ragazzi poco più che adolescenti, Sven Fugge e Markus Hahn, decidono di trasferirsi a Dussëldorf per tentare di sfondare con la musica. Qui conoscono Milo e Thomas Priebe, formano i Samhain, e ben presto giungono alla corte di Sua Etichetta Noise.
Giusto il tempo di sostituire il nome originario della band con Deathrow (per evitare confusioni con l’omonima danzighiana band), e viene dato alle stampe il disco d’esordio: “Riders of Doom” (1986). Il sound è grezzo, la produzione è oscena, il disco esce con due nomi (!) e due copertine (!) diversi, il songwriting è immaturo, incerto… eppure il disco diventa un piccolo cult: è veloce, incazzato, suonato discretamente e, soprattutto, fa trapelare delle potenzialità enormi. Basta un anno e il miracolo si ripete.
È il 1987 ed è la volta di “Raging Steel”: è la conferma che ci si aspettava, il salto di qualità, il passo in avanti… nulla che non si sia già sentito, nulla di veramente originale… solo dannatamente fatto bene: pur rimanendo tenacemente ancorato agli stilemi del genere e dell’ epoca, l’album è permeato da un mutato approccio compositivo, fatto di riff e arrangiamenti decisamente più vari e complessi oltre che di un maggior uso della melodia.
La Noise, però, decide nuovamente di spaccare le palle: boccia l’artwork proposto dalla band, ne impone un altro senza l’approvazione del gruppo e, soprattutto, fissa un budget ridicolo per il successivo tour promozionale. Nonostante tutto il pubblico apprezza, il disco vende bene, ma, all’indomani del successo di “Raging Steel”, ecco l’ennesima delusione: Thomas (stanco di girare l’Europa in un vecchio Volkswagen con i soldi che bastano a mala pena per comprarsi la birra) lascia la band.
Al suo posto viene arruolato Uwe Osterlehner, giovane e abile chitarrista alla prima esperienza in uno studio di registrazione, contattato grazie ad un annuncio pubblicato su una rivista… e furono cazzi… Pubblicato nel 1988, “Deception Ignored” è sicuramente il disco più controverso della band: osannato dalla critica e molto apprezzato dal pubblico dell’epoca (ad oggi rappresenta l’album più venduto della discografia dei Deathrow), ha finito per essere in pratica ripudiato dai suoi stessi autori, etichettato come figlio delle circostanze e della necessità di ottemperare agli impegni contrattuali con la casa discografica.
Di certo, se mai è esistito un progressive thrash (o techno thrash o come cazzo Vi pare), questo disco va sicuramente annoverato tra i suoi capostipiti: se il precedente “Raging Steel” era un monumento all’aggressività ragionata, un capolavoro costruito su canoni già da altri codificati e “istituzionalizzati”, “Deception Ignored” è un disco nato al momento sbagliato e nel posto sbagliato, figlio della frustrazione, dell’amaro in bocca e delle promesse disattese, ma anche – è giusto dirlo - dell’ambizione, del disorientamento e della voglia di strafare.
Nulla, o quasi, è semplice in questo disco. Nulla, o quasi, è prevedibile. La stessa aggressività non è più un concetto diretto e immediato: si è di fronte al prodotto di una mente delirante, ad una nevrosi compositiva che sbanda tra stati di lucidità melodici e vaneggiamenti rabbiosi e violenti. Ciò che nei precedenti dischi era un blocco compatto diretto allo stomaco dell’ascoltatore qui si sgretola in un groviglio di riff, assoli, accelerazioni, tempi dispari, linee vocali in controtempo: un caos sonoro organizzato che, se da una parte stupisce e affascina, dall’altra confonde e disorienta.
Basti, quale esempio, l’interminabile “Narcotic”, forse la massima espressione di quelle che sono le luci e le ombre di questo disco: nove minuti e mezzo di ritmiche cervellotiche che si rincorrono, di arpeggi e stacchi acustici, di arrangiamenti estenuanti che bloccano l’adrenalina proprio sul più bello e, soprattutto, di una furia creativa raramente ascoltata fino ad allora in un disco thrash, soprattutto se di matrice teutonica. “Deception Ignored” non è un capolavoro.
Avrebbe potuto sicuramente esserlo se solo ci fosse stato il tempo per la band e, soprattutto, per il nuovo arrivato Uwe (vero artefice dell’eccessivo tasso di sboroneria del disco) di riprendere le fila del percorso evolutivo iniziato con “Raging Steel”, di ritrovare una propria “compattezza” interna, di divenire, insomma, un gruppo.
Cosi non è stato, ed ecco, quindi, spiegato il principale difetto del disco: l’evidente disomogeneità delle composizioni, la loro frammentarietà e la mancanza di coesione tra i vari passaggi. Talvolta si ha davvero la sensazione di trovarsi di fronte ad uno spietato taglia/incolla di riff indubbiamente geniali, ma orfani di una “idea canzone” che li sostenga e li amalgami. Le ritmiche, eccessivamente intricate, lasciano ristrettissimi margini di manovra al cantato, i continui cambi di tempo e le strutture atipiche delle canzoni fanno il resto.
Le liriche finiscono per essere non sempre efficaci, talvolta risultano forzate e tutt’altro che accattivanti. Non a caso, a brillare maggiormente sono le composizioni più brevi e meno dispersive (“Never Loose Your Humour” e “Bureaucrazy”), nonché la strumentale “Triocton”.
“Deception Ignored” rimane comunque un grande disco, la cui bellezza, però, mortificata com’è nel groviglio di partiture, necessita sicuramente di tanti (forse troppi) ascolti per poter emergere del tutto. Rimane un disco da amare o odiare per quello che è: forse un esperimento non pienamente riuscito, forse il classico “passo più lungo della gamba”, di certo il tentativo di convertire i canoni di un genere ad un approccio più ragionato e complesso rispetto a quanto fino ad allora fatto dagli stessi “padri fondatori” del genere.
Con l’ uscita dell’album, la popolarità della band crebbe esponenzialmente. Anche questa volta, tuttavia, la Noise riuscì a rovinare tutto: per promuovere l’uscita del disco venne proposto alla band un tour in Inghilterra con i Sabbat… ma a condizione che fossero gli stessi musicisti a pagarsi le spese! Ormai esasperati da una situazione fattasi insostenibile, i membri della band decisero di allontanarsi definitivamente dalla label.
Ci vollero ben quattro anni prima che tornassero a pubblicare un nuovo full length (l’ottimo “Life Beyond”, uscito nel 1992 per la WVR). Anche in questo caso, purtroppo, gli attriti con i responsabili dell’etichetta finirono per avere il sopravvento sulla musica, tanto che l’anno successivo la band si sciolse definitivamente, lasciando in tutti coloro che apprezzavano e apprezzano la loro musica, la sensazione di trovarsi di fronte ad una grande occasione persa.
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