Sulle questioni "de gustibus..." di solito mi faccio i cazzi miei, ognuno sente quello che gli pare in sintonia col suo essere and respect, ma su questo non mi dò pace. Mi dispiace, questa volta cavalco l' eccellenza della presunzione di dire che di fronte a questo lavoro il dark, la new wave più scura, il gothic e tutte quelle atmosfere cupe che avete sentito fino adesso passano in secondo piano. Non ci sono santi che tengano, 'sti ragazzi l' hanno combinata grossa.

E sì, siamo ancora in presenza di uno di quei lavori riconducibili alla scena trance californiana degli anni '80 anche se loro sono del Massachusetts (attenti alla pronuncia). L' etichetta è a prova di bomba, è la Independent Project Records di Bruce Licher, uno dei membri fondatori dei Savage Republic, che nel 1988 fa uscire questo EP di poco più di una mezz'oretta e... Copertina e tutto l' artwork in bianco e nero, cupo, misterioso, elegante, disturbante. La musica supera tutti questi aggettivi. Basso, chitarra e batteria tracciano un suono underground tenebroso ma lucido, l' ulteriore forza è data dalla registrazione in presa diretta per una performance alla radio, un live (at Wers FM) solitario coi controfiocchi.

L' immediato si sente, l' urgenza dell' attimo è trasmessa, la macina occulta scorre che è una bellezza. Pezzi clamorosi, espansi, la batteria di Michael Evans è mostruosa, tutto il resto, servito da Jay Dunn (chitarra, voce) e Carl Boland (basso), lo è anche di più. Un piacere nuovo ti caccia un risolino sommesso di pazzia controllata, il deep scatenato si ottimizza nel nostro controllo esoterico e sublima in una risonanza che va a braccetto col "rumore" proposto. Si trasformano in un giocherello le altre cose ascoltate finora (specialmente le inglesi), prove di eclissi che durano quel poco che devono durare. Qui l' oscurità persiste, non si dissolve ma trascina in vortici concitati di trascendenza opacizzante.

Il viaggio è esaltante per le soluzioni che scaturiscono da questo soundtrack di velata perdizione, nuance rock per proiettare suoni che scavano imperterriti coadiuvati da intime trivelle vocali per sonde profonde. Quando si vuole fare sul serio, senza appigli, buttiamo sul piatto questo disco, volante in lande sconsigliate. I cinque pezzi suonati uno appresso all' altro, autoinfliggendosi un' angoscia impersonale, zigzagano orrorifici in una densità psichica cullandoci in una pericolosa nera danza trance. La chitarra impazza lancinante contraltata da un preciso basso ipnotico, senza parole la batteria, la voce timbra ufficialmente l' entrata nella sospensione, il delirio lucido dell' ultimo pezzo segna definitivamente la non appartenenza a qualsiasi associazione di questa performance.

Conturbante è l' attracco alla "baia dell' inganno"... Invitiamoci al default rigenerativo.

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