Dopo averlo snobbato al primo ascolto un pò di anni fa, ormai è un po' di tempo che seguo Giuseppe Peveri, aka Dente.

Alla fine penso di aver capito quale è, a parte una voce non proprio esaltante, l'aria finto-scema, e il fatto di non essere proprio un rivoluzionario musicale, il suo maggior difetto, il difetto che gli impedisce di aver il successo che meriterebbe per la qualità degli album che compone.

Fa sembrare facili le cose difficili.

La gente non perdona certe cose, perchè, come dice qualcuno, in Italia vige la regola: "Io non lo so fare, e quindi neanche tu devi saperlo fare", sopratutto se hai un'aria da scemo.

Prendiamo il caso di questo album, cantato tutto da solo, suonato tutto da solo (chitarra, batteria, basso, tastiere, campanelli, ecc, ecc), arrangiato tutto da solo, oltre che chiaramente composto tutto da solo.

Mica da tutti.

Insomma un atto onanistico alla quarta potenza sotto forma di album musicale.

Onanistico anche perchè in più di un'intervista Dente stesso ha espressamente dichiarato di averlo composto con il principale obiettivo di farlo piacere a se stesso.

Beh, a questo punto posso dire che comunque siamo almeno in due.

Perchè io adoro gli anti-ruffiani, quelli che NON fanno di tutto per piacere agli altri o essere capiti da più gente possibile, insomma, detto per inciso, l'esatto contrario di quello che è portato ultimamente a fare il suo (di Dente) amico Dario Brunori.

Come risultato questo album non se lo fila quasi nessuno mentre l'ultimo di Brunori non pochi lo ritengono meraviglioso perchè cita con grande originalità ... Lucio Dalla, e affronta il problema della violenza sulle donne o dei migranti, temi indubbiamente originali e poco discussi di questi tempi.., ancorchè indubbiamente importanti.

Dente no, Dente tratta altri temi, addirittura arrivando a paragonare, in una delle migliori canzoni dell'album ("Noi e il mattino"), il modo acritico in cui spesso godiamo del mondo, senza porci domande riguardo la vera ragione del mondo e la natura di un eventuale essere superiore che lo ha creato, al modo in cui, in piena era full HD, spesso corriamo dietro e godiamo della perfezione tecnologica senza preoccuparci del significato, del valore e della qualità di quello che la televisione ci trasmette.

Mica da poco.

Musicalmente parlando, dal punto di vista compositivo la qualità è sempre mediamente alta e la varietà impera.

Si va da brani alla Belle and Sebastian di If you are feeling SInister ("La rotaia e la campagna") a brani dal latineggiare tipico alla Tom Waits (ma anche di certo De Gregori), idolo personale del buon Dente ("L'amore non è bello").

Da filastrocche con giochi di parole tipici di Dente ("Appena ti vedo", "Il padre di mio figlio") a brani quasi jazzati ("Le facce che facevi").

Infine un giudizio sulla spesso criticata incompiutezza, citata anche nel titolo, di certi brani ("Curriculum", "Impalcatura", "Fasi lunatiche", due gioiellini).

In un mondo in cui si parla spesso a sproposito, vanno benissimo, se il concetto e l'idea da esprimere è esprimibile in poche parole.

Infine il miglior brano: "Ogni tanto torna".

Battisti e Belle and Sebastian (di nuovo) abbracciati, con una considerazione esistenzialista come refrain per nulla banale (impara Dario).

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