Dick Laurent è morto.

Senza soffermarsi troppo sulla opinabile efficienza organizzativa che il Comune di Milano ha proposto a suon di Delvauxiane ZTL e limitazioni del volume iPod like, descriverò qui di seguito le due ore trascorse in quel di San Siro giovedì scorso.

L'adorante folla saluta l'ingresso del trio quando sono le 21:00:00 CET (per ritrovare una simile puntualità bisogna tornare al lavavetri dei Simpsons nell'episodio 2F08 - "Paura di Volare") e quando, soprattutto, l'ingenuo pubblico italiano è ancora in parte fuori maledicendo il signore. La intro di "In Chains" permette ai pellegrini di visualizzare interiormente i propri sogni serali in un walzer di occhi brillanti, sin quando le parole "The Way You Move.." spezzano la trance a favore di un eccheggiante boato. Le prime tre canzoni sono esattamente le prime tre canzoni del nuovo album, difatti alla sopracitata seguono "Wrong" (singolo che personalmente mi ha stufato dopo pochi ascolti) e "Hole To Feed" (la quale reputo invece una delle più riuscite del recente lavoro). 

Dave è caldo, energico, ed ha appena subito un'operazione chirurgica a seguito di un tumore alla vescica, mi pare.

Dopo il primo blocco "promozionale", ecco che la sera entra nel vivo con una carrellata di vecchi successi, di innegabili hit dal calibro di "A Question Of Time" o "It's No Good", per citarne alcune. Ma non è tanto questo il punto.

Corbijn è l'art director di tutto questo circo poliedrico che è la vita; è "The One Behind The Wheel". La band persevera nella sua esibizione, le immagini alle loro spalle cominciano a mettere i brividi. Martin si sdoppia in una sorta di mirror universe accarezzandoci con "Little Soul". Un bianco e nero iperreale, allegorico, allucinato, un'autostrada di significati. A sinistra c'è Martin Gore, nella parte sinistra dell'impianto visivo intendo. E' perfettamente riconoscibile e filmato. Ma dall'altra parte, e qui più che riferirmi al megaschermo penso alla nostra "altra parte", chi sosta stanotte? Chi è l'ospite, lo straniero con la chitarra finemente tratteggiato di luce? Perchè, in quel preciso momento, sento che ho delle cose da chiarire e che Anton Corbijn è un genio ("It's focusing itself inside of me / A singularity") ??

Dopo una struggente "Home" acustica, a parer mio una delle vette della serata, si torna a raccontare delle ultime imprese: a "Come back" segue "Peace", secondo singolo di Sound of The Universe. A questo giro Corbijn non stupisce, o forse, meglio, decide di non stupire, puntando su uno di quei pacchetti stile "immagini per accompagnare canzoni di pace", molto bianco e nero, molte mani indissolubilmente legate dalla fratellanza, molta summer of love. A ragion del vero in questo frangente le immagini passano in secondo piano tanto è dirompente l'impatto della canzone sul pubblico. Si può dire quasi che la versione live sia un'altra canzone rispetto alla registrazione in studio. Piacevole sorpresa.

Alcune canzoni e tanto sudore dopo, le note di "Policy Of Truth" sprigionano tutto il simbolismo Corbijnano, sinuosamente e freddamente rappresentato da palline multicolor, cupe e ordinate, desiderose di affetto, gettate senza tregua su di un bianco malato e così sporco. All'avanzare del pezzo vengono lasciate cadere da quell'urna che una volta le conteneva tutte quante. 

Quell'animale da palcoscenico che prende il nome di Dave Gahan è ammaliante e ormai nudo; è l’omuncolo che mentre ti parla è anche a casa tua e prende il telefono per dimostrartelo; i pantaloni neri aderenti sono poco più che una seconda pelle. Dal suo metedrinico sorriso proferisce poche sillabe e le dilaziona con arrogante umiltà, invita a cantare. Dalle colline un tempo solcate da Re, da pagliaccio di corte, è stato proiettato in fantascientifici sipari spaziali, o almeno questo è ciò che asserisce la sua nuova veste di ShuttleMan in videoimpressione. La canzone si chiama "Enjoy the silence".

 

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