..e fu così che, nella seconda metà del 1984, le sorti della scena metallara europea finirono in mano ad un manipolo di capelloni beoni, privi di particolare dimestichezza con gli "attrezzi del mestiere", ma casinari e volenterosi quanto bastava. E visto che erano tutti alemanni, e visto che tre furono le compagini in cui questi giovinotti si aggregarono, presto le genti cominciarono a riferirsi a loro con l'epiteto di "Triade Tedesca": Sodom, Kreator e, appunto, Destruction.

"Infernal Overkill" ('85) è il primo full lenght della band capitanata dal lillipu(zzo)ziano Mike Sifringer (chitarra), di solo pochi mesi successivo a quel fulmine a ciel sereno che fu l'esordio discografico della band: l'EP "Sentence Of Death" del 1984, in pratica (insieme a "In The Sign Of Evil" dei Sodom), il battesimo del fuoco per l'intera scena thrash teutonica. Il debutto di Sifringer e soci era stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno: grezzo, imperfetto, ma di una potenza devastante, aveva finito per rappresentare la possibilità, per la scena metal locale, di costituire una valida alternativa al calderone d'oltreoceano che gli esordi di Slayer e Metallica avevano scoperchiato l'anno prima. Un thrash, quello dei Destruction, del tutto scevro da reminiscenze NWOBHM, tecnicamente dilettantistico, veloce e tendenzialmente privo di concessioni melodiche, destinato, però, a divenire l'antonomasia dell'intera scena metal tedesca.

Nei pochi mesi che separano le due uscite discografiche, il gruppo evolve impercettibilmente il proprio bagaglio tecnico, con particolare riguardo all'aspetto chitarristico: pur rimanendo legato ad un riffing estremamente aggressivo e per nulla raffinato, il giovane Sifringer mostra evidenti segni di crescita in fase compositiva (sorvolando, ovviamente, sul mezzo plagio "Invincible Force"-"Sepulchral Voice"), cercando di far proprie soluzioni evidentemente debitrici al tipico Slayer sound (la sulfurea strumentale "Thrash Attack") e, soprattutto, offrendo all'ascoltatore un lavoro assolistico magari non tecnicamente all'avanguardia, ma lontano dagli stilemi casinar style (che invece faranno bella mostra di sé nelle produzione degli altri due vertici del triangolone tedesco) e, anzi, piacevolmente legato a sonorità più tradizionalmente heavy (su tutti il solo di "The Ritual"). L'aspetto vocale, al contrario, non cambia di una virgola: Marcel "Schmier" Schirmer (basso e, appunto, voce) si crogiola nuovamente nel proprio cantato marcio e rauco, nel proprio inglese da prima elementare ("Blekk Desss..") e nella propria capigliatura da bomba all'idrogeno; allo stesso modo, dietro le pelli, Tommy Sandmann conferma il detto per cui: "Se sei una sega a suonare la batteria, non ti basteranno quattro mesi di prove in più per farti diventare Art Blakey".

Insomma, qualche miglioramento in fase compositiva c'è, il tentativo mal celato di rendere la propria proposta musicale più ricca e interessante, anche. Eppure l'esperimento, soprattutto se ascoltato al giorno d'oggi, non può dirsi pienamente riuscito. In alcuni passaggi il disco soffre indubbiamente di una certa "stanchezza": se le iniziali "Invincibile Force" e "Death Trap" sono manna per ogni metallarone ciucatone che vuole far andare su e giù il capoccione, se "Bestial Invasion" finirà per essere un po' la canzone simbolo del gruppo, sistematicamente proposta in chiusura dei live, beh.. forse i sette minuti e passa di "Black Death" sono davvero un po' troppini e forse il tempo zoppo di "Antichrist" finisce per non essere poi così coinvolgente come il terzetto sperava. In molte occasioni si ha quasi l'impressione che qualche riff in più e una maggiore attenzione in fase di arrangiamento non avrebbero guastato, tutto il disco soffre di un'eccessiva compattezza e omogeneità. Se a ciò si aggiunge una produzione addirittura inferiore rispetto al debutto, forse non si potrà parlare di passo falso, ma sicuramente di capolavoro mancato.

Dei tre vertici della Triade, il gruppo di Lorrach, si rivelerà quello con i maggiori problemi non solo di barbiere, ma anche e soprattutto di aggiornamento del proprio sound. Com'è noto, con l'affacciarsi dei '90, l'intera scena thrash mondiale subì una repentina (ma forse prevedibile) battuta d'arresto. L'intero genere si ritrovò in pratica ad aver detto tutto quello che aveva da dire, e molti gruppi che avevano fondato il proprio sound su un pacchetto limitato di stilemi e soluzioni musicali si ritrovarono incapaci di ammodernare la propria proposta, perdendo progressivamente l'interesse del pubblico e i finanziamenti delle case discografiche. Proprio i Sodom e i Kreator furono tra i pochi a riuscire a traghettare, più o meno dignitosamente, le proprie carcasse borchiate fino alle soglie del nuovo millennio: i primi grazie al carisma del leader Tom Angelripper (a tutt'oggi un'istituzione bavarese per grandi e piccini), i secondi riscrivendo il proprio sound e reinventando la propria immagine.

Per i Destruction, al contrario, i '90 hanno rappresentato un decennio d'oblio e di umiliazioni discografiche e solo con l'alba del nuovo millennio e il rientro in formazione (dopo un lungo esilio) del frontman Schmier il terzetto è riuscito a tornare sulle scene in maniera convincente.

Carico i commenti... con calma