L’assunto secondo cui l’Italia è il terzo mondo della musica rock è decisamente fuorviante. Se è senza dubbio condivisibile per quanto riguarda i plastificati anni ’80 e per i ligabueschi ’90, caratterizzati comunque dalla presenza di un underground pur sempre in movimento, altrettanto non si può dire per i ’70, dove il rock progressivo italiano poteva competere senza timore con quello anglosassone di band come Genesis, Emerson, Like & Palmer e gli Yes.

Band come Premiata Forneria Marconi, Le Orme e Banco del Mutuo Soccorso ricevevano elogi a iosa sia dai succitati gruppi che dalle platee estere, non potendo contare però in Italia sull’ambiente ideale per poter sviluppare il loro messaggio musicale e costrette, in un certo senso, ad autoridimesionare le loro aspettative di successo. La maggior parte di quel fantastico movimento che annoverava anche Area, Biglietto Per L’Inferno, Rovescio della Medaglia, Picchio Dal Pozzo, Osanna oramai è per gran parte estinto, tenuto in vita solo da sporadiche esibizioni live o da attività di produzione e di turnista dei talentuosi musicisti.

Gli emiliani Deus Ex Machina sono forse i più degni eredi di quel movimento musicale. Formatisi a Bologna oltre venti anni or sono hanno ottenuto, come era facilmente prevedibile, un interessamento solamente all’ estero, soprattutto negli USA, mentre sono quasi stati snobbati nel vecchio stivale e questo non solo dal pubblico ma anche dalla stampa specializzata. A dir del vero la proposta musicale è parecchio ostica, in quanto l’amore della band per il progressive è soprattutto relativo al jazz/rock di chiara matrice Area, enfatizzato dal cantato teatrale, come se non bastasse in latino, del singer Alberto Piras che, dovute le opportune differenze, si rifà a quello del compianto Demetrio Stratos.

Autori di cinque studio album, di un paio di live e partecipazioni in varie compilation è con il loro terzo lavoro, "De Republica", che confezionano il personale capolavoro. A coadiuvare Piras vi sono Maurizio Collina alla chitarra, Fabrizio Pugliesi alle tastiere, Alessandro Sonetti al violino, Alessandro Porreca al basso e Claudio Trotta alla batteria. E’ inutile sottolineare che per chi si cimenta in questo tipo di composizioni le doti tecniche devono essere decisamente elevate e i Deus Ex Machina hanno tutte le caratteristiche delle più virtuose prog band: sezione ritmica potente, precisa e contorta; assoli incrociati tra tastiere, violino e chitarra mai autoindulgenti; strutture delle songs complesse e mai ripetitive.
Recensire ogni singolo brano sarebbe assolutamente inutile perché, per dischi come questo è il complesso ad essere valutato: atmosfere rilassate, ipnotiche, deliranti e teatrali vi accompagneranno in questi sessanta e passa minuti di musica sublime dove jazz, rock e folk si amalgamano alla perfezione lasciando l’ascoltatore con l’impressione che una differenza tra i tre generi non possa esistere e dove a farla da padrone è la voce inarrivabile di Piras che decanta i versi di Cicerone.

Questo è uno di quei dischi in cui le parole servirebbero a poco. E’ ostico, ve lo premetto, ma vi aprirà orizzonti inimmaginabili.

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