“Celebrity Mansions” dei Dinosaur Pile-Up è, al momento, il disco rock dell’anno.

La Parlophone (il nuovo album è il primo su major per il trio britannico) ci ha visto davvero lungo nello scommettere sulla band capitanata da Matt Bigland che, al quarto tentativo in studio (a quattro anni da quel “Eleven Eleven” che ebbe seri problemi di produzione e distribuzione), confeziona un album pazzesco, comprensivo di tutte le caratteristiche migliori che il genere in questione possa offrire.

Innanzitutto, non c’è il peso delle problematiche che hanno afflitto la prova precedente, e si sente alla grande: i Dinosaur divertono e si divertono, e si sente alla grande. Accanto ad una scrittura alt rock di altissima qualità, riescono ad abbinare una leggerezza disarmante ed una perfetta calibratura delle melodie, confezionando un album sbalorditivamente fruibile, senza rinunciare ad un solo briciolo di qualità.

L’inizio è folgorante e metterebbe al tappeto chiunque: i due singoli “Thrash Metal Cassette” e la superlativa “Back Foot” sono un frullato di energia, esuberanza melodica e citazionismo mai fine a sé stesso. Se la prima parte da un pezzo monumentale come “White Limo” dei Foo Fighters per poi tritarci dentro qualsiasi cosa di orecchiabile vi possa venire in mente (un refrain pop punk tiratissimo che sfocia in un coro da cheerleader, ad esempio), la seconda è un assalto rap metal in pieno stile Limp Bizkit che va a sfociare nei più affini (alla band) “nirvanismi” del bridge.

I DPU proseguono con una carrellata di brani divertenti e divertiti, dove la scrittura corre fluida e Bigland si diverte a spaziare (anche vocalmente) come non aveva mai fatto prima (come in “Black Limousine”, che sembra un outtake dei Feeder degli esordi, e nella fantastica “Professional Freak”, che come “Pouring Gasoline” richiama alla mente i primissimi Foo Fighters – quelli grezzi e sporchi del debut album).

La titletrack e “K West” rallentano leggermente andando a lambire i Weezer di “Undone (The Sweater Song)”, “Stupid Heavy Metal Broken Hearted Loser Punk” è puro pop punk contaminato di grunge, il terzo estratto “Round The Bend” ricrea perfettamente le atmosfere di certo rock anni ‘90 ipermelodico e sdolcinato, riuscendo a deliziare.

Un disco fantastico, di una band davvero in palla, che ha trovato il suo perfetto posto nel mondo. Citazionista ma mai troppo, nostalgico quanto basta per emozionare e non stufare, “Celebrity Mansions” è una delizia che arriva assolutamente in tempo per essere il disco rock dell’estate, e, se le cose vanno come devono andare, un piccolo grande classico del genere.

Brano migliore: Professional Freak

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