A scuola, a me mi avevano insegnato che quando uno fa un'addizione od una moltiplicazione, cambiando l'ordine dei numeretti il risultato non cambia, e dunque 3 + 5 fa 8 come 5 + 3, oppure 3 x 5 fa 15 allo stesso modo di 5 x 3. Magari se mi imparavano meglio l'uso della lingua italiana ...
Ma apprescindere, con il passare degli anni ho scoperto che in campo musicale quella sconvolgente regoletta matematica vale mica.
Prendete il garage-punk (e ti pareva); non è proprio la stessa cosa del punk-garage.
Io, ad esempio, ho valangate di dischetti garage-punk, dai Gravedigger V ai Lime Spiders, dai Wylde Mammoths agli Electric Shields: si tratta sempre di gruppi che suonano garage anni '60 frullandolo con energia punk '77.
Di punk-garage, al contrario ho ben poco: così su due piedi, o meglio seduto davanti al computer, mi viene in mente solo «When I Get Off» dei DMZ. E qui si tratta di un gruppo punk che suona punk mischiandolo con sonorità garage di dieci anni prima; e quello che viene fuori è ben diverso dal garage-punk, appunto.
Un po' di storia ci vuole, ché mi sa che i DMZ li conoscono in pochi e quei pochi magari solo per essere i DMZ antesignani dei più noti Lyres.
Allora, i DMZ si formano a Boston all'inizio del 1976 ed in meno di due anni cambiano formazione cinque o sei volte: tra i vari membri, quello che si ricorda bene ancora oggi è il cantante e tastierista Jeff Conolly e, meno, il bassista Rick Coraccio, che con Conolly poi se ne va a dar vita ai Lyres nel 1979.
Chi è Jeff Conolly spero non ci sia bisogno di spiegarlo alla maggioranza di chi sta leggendo; ai miseri tapini che non hanno mai visto la Luce, dico solo che Jeff è una vera e propria istituzione del punk-garage più oltranzista, tanto da fregiarsi del nomignolo di "Monoman", che non so bene se stia per "monomaniaco" o "uomo che registra solo in mono", ma tant'è ... E soprattutto, è autore con i Lyres di tre dei massimi inni del genere: uno, due e tre. I Lyres, però, rispetto ai DMZ, i termini fatidici li hanno invertiti e sono un classico, grande gruppo garage-punk.
I DMZ, ribadisco, suonano invece punk-garage e se qualcuno ancora non ha afferrato la differenza, basta che ascolti «Busy Man», il pezzo che apre «When I Get Off». Più che un pezzo, un pezzone, un capolavorissimo travolgente che spacca i timpani con un riff micidiale a metà strada tra una «Search & Destroy» (non c'è bisogno di link, no?) ed una qualsiasi nugget a scelta (per me «Don't Look Back» dei Remains ed «I Need You» dei Rationals, su tutte). E già qui, ce n'è abbastanza per giustificare le cinque pallette che ho affibbiato al disco.
Ma è solo poco dopo che i DMZ si mettono in cerca per distruggere davvero, intenzionati a non fare prigionieri, e tirano fuori una «You're Gonna Miss Me» da urlo, talmente deragliante e sderenata da degradare la versione dei Birdman a nenia per educande: una cover semplicemente clamorosa! E qui chiudo, ché sono già in orbita.
Oppure no, ché sento già le preghiere di voi DeBaseriani imploranti «Dai Pinhead, raccontaci qualcos'altro, come solo tu sai fare». Non vi abbasta mai!
E va bene, ma vi dico solo che in «When I Get Off», oltre a tutto il materiale studio/live inciso per la Bomp Records tra il 1976 ed il 1978, trovano spazio pure «Can't Stand The Pain», «Barracuda» ed «Are You Gonna Be There», nell'ordine Pretty Things, Standells e Chocolate Watchband: giusto per radere al suolo anche le macerie e dare il colpo di grazia a chi respira ancora.
Come meriterebbero gli sciagurati Flo & Eddie per aver addomesticato la furia originaria dei DMZ nell'omonimo (ed unico) lp: ma come si fa ad affidare la produzione di simili cavernicoli a due con una faccia del genere?
Death to false punksters&garagers!
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