Quante volte vi è capitato di ascoltare un disco dei Foo Fighters e, invece che godervi i pezzi nella loro intierezza, avete provato il desiderio di passare subito ai ritornelli? Io, soprattutto per un paio di loro lavori, ho sofferto la stanchezza di certa rifforama schematica e dal fiato corto, per dunque ritornare a respirare nei ritornelli, più aperti oltreché radiofonici... Eh, quante volte v'è capitato lo stesso? Con i Dogstar, sappiatelo oh amanti del post-grunge perché il grunge è morto, ciò non si verificherà. Anche perché, ben inteso, i dischi dei Dogstar sono solamente due.

Attivi sulla scena in un periodo d'oro per il rock americano, ma inevitabilmente sottostimati causa la presenza in line-up di Keanu Reeves al basso e di tale Rob Mailhouse (attore di soap americane) alla batteria, la band del validissimo compositore, chitarrista e vocalist Bret Domrose in questo disco proponeva grunge-postgrunge (o grunge pop, proprio alla maniera dei F.F.) e rock alternativo, seguendo intuizioni già pervenute nelle mani di Dave Grohl. I Dogstar presentano brani che, seppure all'interno della medesima cornice (cover "Superman" dei Carpenters a parte), risultano sempre variegati, molto musicali nelle strofe, nonché originali quanto accattivanti nelle ossature-riffs-ritmiche.

Indubbiamente mancano i 40 chitarroni troppo perfetti dei Foo's nei ritornelli (i Dogstar preferiscono/s'accontentano di qualcosa di più artigianale), così come inesorabilmente qui si parla di grunge, e le chitarre, che sia una che siano quaranta, assieme alla gola dovranno con puntualità gracchiare al minuto X ed al secondo Y di ogni canzone, ma se per voi non ci son problemi, se siete ancora sufficientemente in grado di apprezzare tali stili e sonorità, i Dogstar possono fare ancora al caso vostro. E poi ci sarà stato qualcuno che si sarà procurato un disco dei Foo Fighters dopo "There Is Nothing Left To Loose", no? Ed a questo qualcuno è consigliato "Happy Ending"...

Ciò che fa di "Happy Ending" un ottimo disco di postgrunge-popgrunge è quella distanza tra un ritornello e l'altro... Quella distanza può essere una muraglia monotona di riffs e parole a tempo quasi neppure cantate, ma può anche corrispondere, come per i brani di "Happy Ending", a un bel ponte su cui magari anche soffermarsi un po'.

"Happy Ending" è un lavoro uscito nel 2000, a ben quattro anni di distanza dal debutto. Vi è la possibilità che questo fosse il tentativo di speculare un altro pochetto sul ritrovato interesse giovanile-adolescenziale per Keanu Reeves, allora fresco di interpretazione del celebre Neo nel primo episodio della saga di "The Matrix": a sentirne parlare, inevitabilmente affiora tutto il lerciume del music business, ma chi ascoltasse i Dogstar s'accorgerebbe ben presto che Bret Domrose avrebbe meritato tutt'altra sorte, piuttosto che far musica da solo, provarla e inciderla esclusivamente nei ritagli di tempo dei due attori, nonché pubblicarla sulla scia dei successi cinematografici del "suo" multietnico bassista... Non si spiegherebbe altrimenti un debutto tanto tardivo per una band (avvenne nel 1996) che, vuoi o non vuoi, s'era formata all'inizio dei nineties, cosiccome non parrebbe logica l'idea di riprovarci a ben quattro anni di distanza.

I Dogstar furono dunque un progetto nato con le ali già mozzate. E per un progetto nato storto, ogni fine è un "Happy Ending"... Quella di questo disco, fu la migliore possibile.

Elenco tracce e video

01   Halo (02:53)

02   Slipping Ground (03:03)

03   Enemies (03:11)

04   Superstar (04:22)

05   Cornerstore (04:15)

06   A Dreamtime (03:21)

07   Stagger (03:48)

08   Washington (04:11)

09   Alarming (03:51)

10   Swim (02:14)

11   Blown Away (04:12)

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