Il 1987, ma più in generale la seconda metà degli anni 80, è l'anno in cui quel fenomeno musicale da sempre generatore di controversie, ma anche di miriadi di fanatici come l'Heavy Metal, è già oramai affermato a livello mondiale. Affermato, così come diramato nelle sue prime forme estreme e decisamente lontane dai canoni prefissati dai veterani britannici (sì sa chi sono); infatti, generi come lo Speed Metal, il Thrash e i neonati Death e Black Metal iniziavano ad allargare gli orizzonti dell'intero genere, che non poteva assolutamente rimanere circoscritto ai suoi stilemi classici, ma aveva bisogno di qualcosa che fosse ancora più di impatto o comunque aggressivo e veloce. Se dunque il genere nasce, si diffonde, e si sviluppa principalmente in Inghilterra, ma ancora nelle sue forme tradizionali (l'Hard n Heavy degli anni 70 e la NWOBHM dei primi 80), negli States riescono a distinguersi i cosiddetti "rivoluzionari" di questo fenomeno, ovvero centinaia di band che nascono tra la prima e soprattutto la seconda metà degli eighties con lo scopo di fare a gara a chi fosse più veloce e "cattivo". Apprendere dunque la lezione dei Motorhead, dei Judas Priest, dei Venom e dei Saxon (ecc.) e rielaborare il tutto con qualche chitarra al "fulmicotone", dei riff semplici e decisamente ispirati al Punk, produzioni approssimative e doppia cassa come se piovesse: erano questi gli intenti.

Ma contemporaneamente a questa necessità di "estremizzare", prende sempre più piede e spopola un altro fenomeno esattamente opposto noto come Hair Metal, detto anche "Gay Metal" dai patiti cronici dei 180 bpm o da coloro che mangiano Grindcore anche a merenda. Le band facenti parte di questa categoria (in realtà non lo considero vero e proprio genere) sentono la necessità di vestire in maniera orrida o truccarsi pesantemente (neanche fossero dei trans) un po' per provocare, un po' per scioccare i benpensanti o semplicemente per rimanere più impressi nella mente dei fans. Altra peculiarità che caratterizza tali band sono le liriche, quasi tutte dal sapore smielato e love oriented quasi nauseabondo, con titoli spesso fintamente romantici (usati per nascondere testi di sesso selvaggio). Tali fattori permettono a queste band di discostarsi dall'atteggiamento e dai temi dell'Heavy Metal più tradizionale - pur essendone assai legati sul piano musicale - per risultare più accessibili alla grande massa. Dopo tali premesse, riguadanti principalmente l'estetica e il contenuto tematico, posso continuare dicendo che, se lo chiami Glam rock, Hair Metal, Pop Metal o AOR (Adult Oriented Rock), alla fine non fa molta differenza, è soltanto una questione di sottigliezze. Tutti questi termini stanno ad identificare la frangente più melodico/orecchiabile o commerciale se vogliamo, del movimento Hard n Heavy (Rock n roll o Heavy Metal che sia). Ecco dunque che, sotto la necessaria influenza di Alice Cooper, ma soprattutto dei Kiss (entrambi precursori) spuntano fuori band come Twisted Sister, W.A.S.P, Motley Crue, Def Leppard (solamente da Hysteria in poi) e i Dokken in questione.

Minchia, non mi accorgo mai che spesso perdo troppo tempo con le infarinature generali sulla storia del genere, ma è una cosa che mi viene inconsciamente. Bhe, comunque, dopo avervi fracassato per bene i cosiddetti con le introduzioni torniamo all'anno 1987 dove i Dokken danno alla luce la loro quarta fatica, questo splendido Back For The Attack. Direttamente da Los Angeles, i Dokken, capitanati dal carismatico singer Don Dokken, vengono considerati giustamente come uno dei gruppi più rappresentativi dell'Heavy Metal classico made in USA, assieme ad altri compari non meno grandiosi come Savatage e Riot. Per partorire un album come questo, ci sono voluti due anni di inattività commerciale, dopo un notevole tour de force di 3 album di fila uno ogni anno: l'esordio ancora immaturo Break The Chains (1983), il primo capolavoro Tooth And Nail (1984) e il disccreto Under Lock And Key (1985). 

Con questo Back For The Attack si raggiunge definitivamente l'apice stilistico dei nostri. Il livello qualitativo dei brani è qui portato ai massimi livelli e ogni parte è essenzialmente curata nel dettaglio, forse in maniera davvero maniacale, tanto da farlo diventare un album estremamente raffinato e di classe. La sintesi perfetta tra melodia, potenza ed eleganza è davvero azzeccata, decisamente di più che nei lavori precedenti. Gli unici difetti relativamente trascurabili sono l'eccessiva durata (più di 60 minuti) e la presenza di alcuni brani un po' troppo radiofonici e "commercialoidi"come So Many Tears o Cry of the Gypsy, questione che però è necesario accettare, considerando che è la caratteristica principale dei Dokken e bisogna farci il callo, sapendo che dopo un brano aggressivo e potente, potrebbe arrivare improvvisamente il pezzo laccato e smielato fino al vomito. Anche se a dir la verità la straordinaria opener Kiss Of Death potrebbe decisamente smentire, ma che dico, annientare tutto quello che ho affermato poco fa. E' veramente un brano che non ti aspetteresti mai dai Dokken: riff taglienti come una scimitarra provengono dall'unica chitarra (ritmica e solista) suonata da George Lynch, il che lascia veramente allibiti considerando il fatto che una sola chitarra possa dar vita ad una tale esibizione di maestria. Le pennate generano riff dannatamente Heavy Metal con la H maiuscola, arricchiti da armonici da capogiro che contribuiscono a rendere tutto più metallico. Ci va invece più delicato Don Dokken con la sua solita voce decisamente non aggressiva, ma elegante e capace di dar vita a ritornelli che ti invogliano a cantare a squarciagola. Kiss Of Death è la canzone che vale definitivamente l'ascolto dell'intero album, ma un rammento va fatto anche a Night By Night dal ritornello molto orecchiabile, ma semplicemente fantastico, di facile presa, con dei cori azzeccatissimi (il batterista Mick Brown e il bassista Jeff pilson sono anche le due back vocals). Qui si sottolinea l'importanza e il fascino della notte, dove le responsabilità giornaliere, le ansie e le paranoie della routine spariscono, dove non c'è tempo per dormire, perchè nasce la necessità di correre liberi in preda ad una febbre bruciante, di sprigionare quell'irrequieto e sano bisogno di Rock n Roll che durante il giorno viene precluso, sotto uno scenario onirico di luci artificiali che illuminano, ma senza abbagliare, le città, le insegne dei locali, le autostrade o il palcoscenico dove suona la band.

Si torna alla violenza sonora con la strumentale Mr. Scary, un brano graffiante dove la chitarra, ancora una volta, domina sovrana su tutto e tutti riavvicinandosi allo stile di Kiss Of Death. Altro fattore che ho dimenticato di citare è la registrazione del lavoro, assolutamente pulita ed impeccabile; infatti, nessuno strumento sovrasta l'altro; tutto è amalgamato alla perfezione. Grandiosa anche Stop Fighting Love, Dokkeniana Doc. (in questo caso Dokkeniana "Dok") nella sua solita formula: arpeggi, riff poderosi, ritornelli melodici, cori da cantare con orgoglio e assoli magistrali. Ma forse è Dream Warrior la canzone dell'album che ha più contribuito ad accrescere la fama del gruppo; brano utilizzato anche come soundtrack del film Nightmare III e da cui è stato tratto un videoclip.

In definitiva considero Back For The Attack il capolavoro dei Dokken, da come si sarà sicuramente capito. Da ascoltare principalmente se siete culturi e appassionati dell'Heavy Metal nelle sue svariate forme, anche perchè diciamolo, non ci troviamo di fronte a nulla di rivoluzionario in se e per sè, nel senso che non ha ne innovato ne introdotto niente di fondamentale. E' invece oggettivo il fatto che sul piano qualitativo sia uno degli ultimi esempi di Heavy Metal tradizionale fatto come si deve, quindi il suo valore artistico è certamente inattaccabile. Ovviamente se avete il pregiudizio di pensare che tutte le band classificabili come Hair Metal siano composte da finocchi incapaci state alla larga dai Dokken a prescindere, anche se come ho specificato all'inzio della recensione, Hair Metal indica una tendenza di tipo estetico principalmente e influisce meno sul piano musicale. I Dokken principalmente sono un gruppo Heavy Metal però i richiami all'AOR o al Glam più radiofonico sono sicuramente evidenti e fareste male ad aspettarvi una band sulla scia di Saxon, Venom o Accept. In realtà gruppi come i Dokken se li avessi assaggiati due anni fa probabilmente avrei vomitato all'istante. Era il periodo in cui ascoltavo Thrash Metal anche mentre dormivo e scoprire le band più underground era cosa di routine. Fortuna che col tempo ho allargato un po' le mie vedute pur mantenendomi sempre nel Metal, e se ci sono riuscito io ad apprezzarli potrebbe riuscirci anche un maniaco di Depressive Black Metal.

Detto questo, contribuiamo a tenere vivo l'Heavy Metal e la vecchia scuola. Ave.

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