Prima o poi un passo falso doveva capitare: dopotutto era dai tempi (già antidiluviani nel 1973) di "What's Bin Did And What's Bin Hid" alias "Catch The Wind" che Donovan non faceva un album normale, definibile al massimo come buono: da "Fairytale" a "Cosmic Wheels" sempre e solo ottimi dischi toccando spesso e volentieri vette di eccellenza, poi con "Essence To Essence" la parabola si flette. Questo album fu pubblicato solo pochi mesi dopo il precedente capitolo e Donovan, da versatile quale è sempre stato attua un'ennesima rivoluzione stilistica, questa volta forse un po' troppo affrettata e mal ponderata: gli stilemi T.Rexiani che avevano contraddistinto "Cosmic Wheels" vengono bruscamente dismessi; si vira verso uno stile semiacustico, riflessivo ed essenziale, come il titolo e la copertina dell'album vogliono suggerire. Tuttavia "Essence To Essence" proprio non riesce a convincere appieno, rimane confinato in un limbo incerto e transitorio senza infamia e senza lode, intriso di una sottile ma ben percepibile sensazione di noia e stagnazione creativa.
Però in una cosa Donovan non si smentisce mai: lui non ha mai fatto un disco tanto per farlo; tutti i suoi album, persino "What's Bin Did And What's Bin Hid" non suonano mai come semplici raccolte di canzoni infilate una dietro l'altra: Donovan è come uno stilista ed ogni suo disco è una collezione che segue un preciso leitmotiv, neanche il mediocre "Essence To Essence" fa eccezione: in questo caso il filo conduttore si chiama leggerezza, una leggerezza intesa come semplicità, come rinuncia al trucco glam (e al rock) di "Cosmic Wheels", un album acqua e sapone insomma, peccato che tale leggerezza sia una caratteristica talmente intrinseca da far risultare "Essence To Essence" un disco inconsistente e privo di un reale peso specifico. Comunque non mancano dei bei momenti: diciamo che, su un totale di undici canzoni almeno sei sono di buon livello, niente per cui strapparsi i capelli ma per uno ascolto leggero l'atmosfera allegra e simil-caraibica di "Yellow Star" può andare bene, "Life Is A Merry-Go Round" trasmette una familiare ma sempre gradevole sensazione di spensierata leggiadria. "There Is An Ocean" e "Sailing Homeward" sono due ballate dai toni meditativi, ben arrangiate ed intrise in un'atmosfera intensa e suggestiva, di grande classe e raffinatezza; sono il meglio di quanto "Essence To Essence" abbia da offrire insieme alla curiosa "Lazy Daze", che si attorciglia pigramente su un andamento circolare e suadente e "Life Goes On", la ciliegina sulla torta dell'album, che si distingue per il suo ritmo spigliato ed ironico, di un'orecchiabilità squisita, in cui il Nostro riesce a sprigionare il sublime canzonettaro che è in lui (per intenderci, il Donovan di "Jennifer Juniper", "Pamela Joe" e simili) con un certo tocco di raffinatezza negli arrangiamenti, caratteristica che è tra i punti di forza dell'album e che, se abbinata ad una maggior consistenza compositiva avrebbe originato un altro gran bel disco se non proprio un capolavoro.
Infatti, a parte questi buoni episodi il resto di "Essence To Essence" è veramente poca cosa: l'iniziale, pessima "Operating Manual For Spaceship Earth" a dispetto del titolo altisonante figurerebbe in cima alla tracklist lista di un ipotetico "The Very Worst Of Donovan", un uptempo terribilmente piatto e privo di interesse, quasi un jingle pubblicitario, "Dignity Of Man" si perde in un bicchier d'acqua di prevedibilità ed aurea mediocritas, rovinando con un refrain improponibile una ballata altrimenti piacevole e ben arrangiata, "Divine Daze Of Deathless Delight", altro titolone, è talmente soffusa ed eterea da risultare quasi impalpabile e soporifera, "Boy For Every Girl" è ancora una volta una bella melodia non pienamente sviluppata, "Saint Valentine Angel", mah, ballatina senza infamia ne lode, da Donovan ci si aspetta decisamente di più e sa fare di molto meglio.
Insomma, l'idea che sta alla base di "Essence To Essence" è tutt'altro che malvagia: un album dai toni "light" arricchito da un buon songwriting di gusto riflessivo ed arrangiamenti di gran classe, mai invadenti, tra l'altro firmati dal celebre Andrew Loog Oldham. A mancare sono proprio le canzoni; inutile parlare di primo impatto, l'avessi recensito dopo un paio di ascolti il voto sarebbe stato di due stelle anche un po' scarse, c'è da dire che cresce abbastanza sulla distanza ma non fino al punto di riuscire a convincere pienamente: la sensazione rimane sempre quella di un disco interlocutorio e prescindibile, a tratti opaco come la sua copertina nonostante gli immancabili guizzi di classe in cui si percepisce la genialità del suo autore. "Essence To Essence" sarà fortunatamente solo una parentesi in tono minore, in quanto i due album che lo seguiranno, "7-Tease" e "Slow Down World" sono i due vertici assoluti raggiunti da Donovan negli anni '70, ma di questo parleremo in separata sede.
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