Donovan, anno 1980, sempre più outcast: le luci della ribalta si sono spente definitivamente, l'album omonimo di tre anni prima aveva chiuso malissimo i suoi anni '70: un fallimento commerciale (ma non è una novità) ed anche artistico, il rapporto con Mickie Most (in parte responsabile del fiasco di "Donovan") si esaurisce definitivamente, e il Nostro si ritrova ai margini come non lo era mai stato prima. "Neutronica", il suo quindicesimo album in studio viene distribuito in Francia e Germania Occidentale dalla RCA, gli USA e perfino il Regno Unito, la sua patria natale, gli chiudono le porte in faccia ma in barba a tutto ciò Donovan rinasce, "Neutronica", orgogliosamente autoprodotto, non solo è un gran disco ma mostra un artista indomito, ancora capace di rinnovarsi e di stupire, questo è più che non semplice album, è la risposta in musica ad un ambiente marcio che già da dieci anni l'aveva deliberatamente ed arbitrariamente ostracizzato.

Dopo la scialba ed infelice parentesi del 1977 Donovan torna ad avere delle idee forti, due in particolare sono le peculiarità di "Neutronica", due caratteristiche che lo rendono unico ed inconfondibile nella discografia di Donovan: a livello di songwriting i testi cosiddetti impegnati non avevano mai avuto particolare rilevanza: si ricordano episodi sparsi come "Ballad Of A Crystal Man", "To Susan On The West Coast Waiting", "The Voice Of Protest" e "Cryin' Shame", "Neutronica" invece è quasi totalmente incentrato su temi di denuncia: pacifismo, antimilitarismo, fratellanza, con uno spazio minoritario dedicato all'amore, e a livello musicale fa il suo trionfale e prorompente ingresso in scena l'elettronica: qui i sintetizzatori dominano la scena e si tratta di una sperimentazione perfettamente riuscita: "Neutronica" è un album elettronico, forte, nervoso, immediato, di grandissima personalità, al passo con i suoi tempi e caricato da un'urgenza espressiva che  sembrava solo un lontano ricordo.

L'accattivante "Ship Wreck" e soprattutto i suoi primi 40 secondi mettono subito in chiaro la situazione: i sintetizzatori creano atmosfere di grande enfasi ed impatto, Donovan li sa gestire alla perfezione e il pezzo, così come tutto l'album funziona alla perfezione: una cavalcata tesa ed incalzante, in cui fa capolino anche la chitarra elettrica, con tutt'altra incisività rispetto agli avvilenti episodi rock di "Donovan".

"Ship Wreck" è il cardine dell'album, a cui si aggiungono altri gioielli elettronici come il drammatico e pulsante j'accuse di "Only To Be Expected", scandito da un'inquieta linea di piano, il ritmo cadenzato e quasi robotico di "Coming To You", synth-pop teatrale e marchiato a fuoco dal timbro di qualità di Donovan, così come la stralunata "Mee Mee I Love You", cantata con un falsetto insinuante che non si sentiva da tanto tempo abbinato ad un'intelaiatura elettronica ipnotica e futuribile e la più solenne "We Are One", contaminata da influenze folk in un buon compromesso tra antico e moderno. L'elettronica non risparmia neanche una "filastrocca" come "Neutron", sarcastico peana per un'immaginaria bomba perfetta, con canzoni come questa Donovan và sempre sul sicuro, ce le ha nel sangue ed anche in questo caso il risultato è piacevolissimo, divertente e arguto.

La guerra è uno dei temi focali di "Neutronica" e Donovan la ritrae magistralmente nel suo contrasto di gloria e miseria accostando un canto tradizionale di vittoria come "The Heights Of Alma" a "No Man's Land" di Eric Bogle, folksinger scozzese già autore del classico "And The Band Played Waltzing Mathilda": la prima, con la sua trionfante solennità è un affresco epico che fa riferimento alla battaglia dell'Alma del 1854, episodio cruciale della guerra di Crimea, e la inquadra in una dimensione idealista tipicamente ottocentesca, ancora legata al mito dell'impresa eroica, mentre "No Man's Land" è una struggente ballata acustica, in cui i sintetizzatori sono relegati ad un ruolo puramente marginale, che recita un toccante epitaffio per un anonimo soldato della I Guerra Mondiale, in cui svanisce l'epica, cade ogni retorica e rimane soltanto una riflessione sulla barbarie e l'inutilità di quella che viene vista nient'altro che come uno dei peggiori istinti dell'uomo. Entrambe sono rivisitazioni perfette che arricchiscono "Neutronica" sia dal punto di vista musicale, ristabilendo il legame con le radici folk di Donovan che dello spessore compositivo dell'opera, completato da un'accorata piano-ballad a'la Elton John come "No Hunger", e da "Madrigalinda", che come si può facilmente intuire è un dolce madrigale dedicato all'adorata moglie Linda Lawrence.

Questa volta era veramente difficile prevedere un esito così felice per un album nato con prospettive così poco incoraggianti come "Neutronica", ed invece l'artista ha superato nel migliore dei mdi questa prova: gli anni '80, con il loro prepotente manifestarsi di nuove sonorità sono stati un trabocchetto in cui molti sono scivolanti malamente, ma non Donovan che con "Neutronica" dimostra ancora una volta notevoli doti camaleontiche: un album orgoglioso, retto da linee guida solide e ben applicate, fortemente identitario ma ricco di sfumature come Donovan ha sempre saputo fare, questa volta con una veste completamente nuova, sorprendente se si pensa che il Nostro era partito esattamente quindici anni prima strimpellando "Catch The Wind".

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