Incredibile!
Mai e poi mai avrei detto che il primo album dei nostri eroici guerrieri italiani DoomSword fosse addirittura migliore rispetto al recente e altrettanto entusiasmante "Resound The Horn". Credo proprio di non sbagliarmi in questo giudizio, ho ascoltato il gruppo dal loro secondo lavoro e devo dire che dall'esordio all'attuale presente ci sono reali differenze. Sarà la voce del precedente vocalist Nightcomer, sarà uno stile più immediato e melodico ma pur sempre cupo, sta di fatto che in questo lavoro sembra a tratti di sentire un altro gruppo.
L'intro cantato ad opera di DeathMaster, che in alcuni brani fa capolino come vocalist aggiuntivo, ha un non so che di Manilla Road che ti si fissa in testa per non andarsene più, in un brano come "Sacred Metal", che ha tutte le caratteristiche per essere un inno. Grandiosa la voce di Nightcomer, molto vicina a Messiah Marcolin dei Candlemass, adattissima e perfettamente a proprio agio in un disco cupo, medievaleggiante e a tratti malinconico, debitore dei primi Warlord nelle atmosfere ultraepiche.
Anche le liriche sono decisamente differenti rispetto a quanto i DoomSword propongono attualmente, forse troppo orientate su temi e miti Nordici un po' distanti dalla nostra Italia, in questo caso invece ci sono vari riferimenti alla letteratura fantasy, di cui anche il nome DoomSword ha avuto origine, grazie ai romanzi di Michael Moorcock, incentrati sulla Stormbringer, ossia la spada del giudizio. In questo spettacolare disco ha addirittura spazio J.R.R. Tolkien, con uno fra i brani più belli ed epici degli ultimi anni in campo Epic, "Helm's Deep", la battaglia presente anche nel recentissimo lungometraggio de "Le due Torri", e qui resa sorprendentemente bene in musica. "One Eyed God" invece spazia nuovamente sulla mitologia nordica, con un duetto iniziale in acustico fra DeathMaster e Nightcomer... un altro brano-capolavoro da urlo. La successiva "Return To Imrryr" parte veramente alla grande, anni '80 in tutto e per tutto, con un incedere cupo e possente per lasciar posto a "Nadsokor", celebre brano dei Cirith Ungol ottimamente interpretato. I due brani finali "Swords Of Doom" e "On The March" ripercorrono alla grande la fusione di elementi epici, cupi e raffinati come mai i DoomSword potranno ricreare.
Questo è il vero capolavoro dei DoomSword, solenne e carico di cupa decadenza, non voglio togliere nulla dall'altrettanto ottimo "Resound The Horn", ma le coordinate stilistiche in questo caso sono differenti e decisamente superiori, parere con cui concordano tutti i fan di questo validissimo gruppo che, lo vogliate oppure no, ha riportato in alto il nome dell'Epic Metal a livello internazionale. Ripetersi a questi livelli penso sia difficile, in ogni caso questo disco può stare benissimo assieme ad altri grandi nomi degli anni '80.
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