La giornata non era partita granchè. Sveglia alle cinque di mattina, quando la sera prima avevo suonato io allo Zoe Club di Milano, caldo malefico e grande difficoltà a trovare l'Arena Parco Nord di Bologna. Fatto sta che arriviamo giusto in tempo per il simpatico Frate Rock, cicerone della giornata. Dopo una poesiola ridicola ai limiti del grottesco, con un forte "Gods Of Metal Go", il concerto parte con auspici migliori.
Primo gruppo sono gli Evergrey, con il loro power prog convincente anche se molto influenzato dagli Iced Earth. Continuano i Mastodon e i Mudvayne provenienti da ottimi album di death metal mescolato a Nu e metal core, ma non altrettanto distruttivi sul palco.
Quarto gruppo sono i Dragonforce, che risvegliano la folla con il loro power metal scontato, ma furioso e velocissimo: cassa e chitarra al minimo sindacale di 200 bpm e divertimento incredibile; ZP a volte è costretto ad andare in falsetto per evitare figuracce, ma è scusabile data la potenza e l'altezza che raggiunge nei ritornelli; a farla da padrone sono i due chitarristi, soprattutto Hermann Li, che sfornano assoli precisi e allucinanti davanti a un pubblico incredulo.
Quinta band sono gli Strapping Young Lad, sorretti da uno straordinario Devin Townsend con tanto di super piazza circolare in testa e un Gene Hoglan in forma smagliante(ne sono partiti di cori per lui): si spacca e si distrugge, ma ahimè a volumi molto bassi, e questo penalizza non poco i quattro: la batteria di Hoglan si sente fin troppo bene e soffoca il resto dei musicisti.
Non contenti di essersi distrutti poco fa salgono a far baccano gli Obituary, con il sole ancora alto nel cielo: la lontananza dalle scene non sembra aver fatto troppo male alla band, che snocciola death metal come uno schiacciasassi. Probabilmente avrebbero meritato un po' meno sole, ma essere in quarta posizione con Iron Maiden e Slayer non è da poco comunque per questi quattro redivivi.
Il sole inizia a calare e il pubblico scalpita. A farne le spese sono cinque milanesi come me, che salgono sul palco per suonare il loro ottimo gothic metal. I Lacuna Coil attacano duro con Swamped e non risparmiano altri ottimi brani come Senzafine, Heaven's A Lie o When A Dead Man Walk, ma ciò non gli evita la tradizionale festa nostrana del lancio della bottiglia: fortunatamente, ridotta rispetto alla pioggia anti Blink 182 e anti Methods Of Mayhem di qualche anno fa. Ottima prova di Cristina Scabbia (ah, i bei tempi quando mi serviva la birra ai tavoli del Midnight Pub), meno convincente il povero Ferro: lo criticavo su disco e dal vivo ha perso anche la voce... ammette on stage "è incredibile suonare subito prima dei veri gods of metal come Slayer e Iron". Lodevoli.
Dopo un'estenuante attesa salgono sul palco quattro loschi figuri armati di strumenti, il sole è basso all'orizzonte e parte l'apocalisse. Gli Slayer sono dei veri veterani, dei professionisti del thrash/death. Uno show perfetto, tranne per Araya, che come al solito è un ibrido: non è un bassista e non è un cantante. Lo show comincia con la prima traccia di God Hates Us All, ma fortunatamente i 4 omoni non torneranno più sull'argomento nuovi album per il resto della serata. Chemical Warfare, Dead Skin Mask e tanti estratti da Reign In Blood farciscono la buona ora e mezza di live show. Ad un certo punto silenzio... tre colpi secchi sui tom di Lombardo e la folla esplode: parte Reign In Blood; il pogo è così esagerato che la terra dell'arena si alza e il palco scompare, non si vede più nulla. Postmortem è introdotta da Araya che dice "Do You Wanna Die?" e tutti i nostri caproni compatrioti "Sìììììì" e lui "Are You Sure?"... gran pezzo. Conclusione tra le fiamme dell'inferno con la potente Angel Of Death, dove il grande Dave Lombardo strizza l'occhio a Hoglan prolungando il solo di doppio pedale della fine di altre due battute e accendendo la folla.
La conclusione della giornata non si fa attendere così tanto, per quanto il live set degli Iron Maiden sia mastodontico come sempre.Il sole è sceso del tutto e la gente è davvero tantissima. La non elevata statura della mia ragazza costringe me e i miei compagni di avventura a salire sulla collinetta in fondo all'arena per poter vedere qualcosa. Fatto sta che gli headliner cominciano dietro a una scenografia molto anni '80, in linea con i pezzi che suoneranno. Per promuovere il nuovo DVD "Early Days", i sei nonnetti inglesi estraggono brani unicamente dai primi quattro album: come un tuono partono due brani di Killers interpretati magistralmente da un Dickinson in grande spolvero capace di reinterpretare il pur grandissimo Paul Di Anno. Altre perle sono regalate da The Trooper (con Bruce in giubba rossa e bandiera britannica), Revelations e Wrathchild con una gigantografia di Eddy circondato di lucine. Con i singoli di "The Number Of The Beast" e "Peace Of Mind" la band mette a ferro e fuoco Bologna: Hallowed Be Thy Name è l'apoteosi. Con Iron Maiden il concerto sembra concluso, ma i sei inglesi ritornano per altri tre brani delle origini tra le quali spicca Running Free: il live set si trasforma e vediamo prima il testone di Eddy gigante con cervello a vista che muove la bocca e poi un uomo sui trampoli vestito da Eddy in maglietta e jeans (come in Killers) che deambula per il palco e affronta Murray e compagnia. Un grande show targato Iron Maiden... unica pecca è stata la durata (solo 1 ora e 20, contro le 2 ore prefissate sul sito del gods) e forse la scaletta per vecchi intenditori che ha tralasciato album come Fear Of The Dark, Somewhere In Time e perchè no anche Brave New World.
Stanchi si torna in tenda a ronfare, l'indomani ci aspettano altre meraviglie del metallo.
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