"When Dream & Day Reunite" non fa giustizia piena ai veri Dream Theater. I veri Dream theater nascono praticamente con la venuta di James LaBrie. Il resto è la storia del prog-metal così come la conosciamo oggi.
Ma, data l'iperattività di mr. Mike Portnoy (troppo iper alle volte), visto che hanno coverizzato di tutto, da “The Number Of The Beast” a “Master Of Puppets”, evidentemente sembrava anche legittimo coverizzare se stessi in una serata. Ecco che nasce “When Dream & Day Reunite”, non un tentativo proprio esatto di coverizzare se stessi, ma una specie di rifacimento del loro debut album, sperando che la voce di LaBrie potesse dare più valore ad un disco che sicuramente era penalizzato da tanti fattori: pessima produzione, una voce come quella di Dominici che poco si sposava con il sound Theateriano e un'acerba vena compositiva dei 5 di New York.
Esperimento riuscito? Si, ma solo in parte, o meglio, a metà. Perché ricordiamo che questo concerto, registrato a Los Angeles, fu un'esibizione del tour a supporto di "Train Of Thought", settimo album della band. Avrei detto di tutto: allora la voce del buon James era ancora in fase di (un ennesimo) rodaggio. La sua prestazione infatti non è per nulla incredibile, anzi, a tratti è bruttina a sentirsi, in una serata che di certo non era di grazia e sicuramente lontana anni luce dalle serate a cui adesso LaBrie ci ha abituati (vedere Score per capire). Se questo è un aspetto in parte negativo, dall'altra parte c'è la solita sicurezza di una band che dal vivo è infallibile: nessuna smagliatura, nessun errore, prestazione perfetta.
Le pecche di LaBrie si sentono già da “A Fortune In Lies”, dove il canadese si lancia in vocalizzi sguaiati e fastidiosi a sentirsi, con una voce poco potente (ripeto, lontana dallo stato di incredibile grazia che ha attualmente...) e stanca. La situazione non migliora minimamente con “Status seeker”. La canzone è già bruttina di suo, poi LaBrie tende a rovinarla continuando a usare la voce in maniera poco opportuna. “Ytse Jam” è una strumentale. E Labrie non dà fastidio stavolta, mentre la band esegue il brano con perizia quasi meccanica. Perfetta. Un po' Labrie con “The Killing Hand” ritorna su binari qualitativi decenti verso la fine del brano. Ma è ancora la band a fare da padrona indiscussa della serata, con una jam incredibile all'interno del brano stesso. Sublimi le parti strumentali, discrete le parti vocali. Il concerto continua così, su due discorsi paralleli e qualitativamente diversi: da un lato una band in forma come al solito, dall'altra parte un LaBrie che non riesce a destreggiarsi al meglio: “Light Fuse & get away”, “Afterlife”, “The Ones Who Help To Set The Sun” scivolano via così, senza particolari spunti. ”Only A Matter Of Time” è praticamente uguale alla versione del Budokan, con un LaBrie quasi svogliato.
Le sorprese della serata arrivano con “To Live Forever”, brano rimasto fuori dalle sessioni di "Images&Words" e scritto durante le sessioni di "When Dream & Day Unite". La sorpresa non è il brano in sé, ma l'esecuzione con Charlie Dominici alla voce. E anche lui non è che sia il massimo come singer: voce spesso stonata e fuori tonalità, poca estensione. Il finale è dedicato ad una grande reunion: sul palo rimane Dominici ed entra in scena Derek Sherinian, per eseguire una “Metropolis pt1” con la band al completo e con l'aggiunta di questi due ospiti. Il risultato è ottimo dal punto di vista strumentale, ma scadente dal punto di vista vocale: Dominici spesso non ce la fa ed arriva LaBrie a sorreggerlo spesso negli acuti. Favolosa la jam strumentale posta in mezzo al brano.
Finisce qui l'esibizione. E come al solito, quando si tratta di Official bootlegs, devo sempre dare un giudizio non proprio positivo, visto che a quanto sembra, sono sempre ineccepibili dal punto di vista esecutivo, ma a tratti pessimi dal punto di vista vocale.
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