DRUGSTORE - SONGS FOR THE JET SET

Una chitarra, uno xilofono, e undici giorni di maggio

È tutta la mattina che sento dell'acqua scorrere per strada, come se qualcuno stesse lavando l'asfalto. Ogni tanto guardo giù per capire, ma non vedo nessuno, eppure il rumore è vicino come se fosse oltre la mia finestra. Poi osservo gli alberi, e capisco. Era il vento che passando tra i rami regalava alle fronde quel suono così liquido. Questo basterebbe a descrivere la sensazione che si ha ascoltando l'ultima prova studio dei Drugstore, ormai risalente al 2001.

Una semplicità disarmante, un'omogeneità d'intenti contrapposta al variegato e coloratissimo universo della precedente opera, "White Magic For Lovers" (2001). Le armi del gruppo inglese sono sempre quelle: chitarre acustiche, tastiere come carillon, violoncello. Le canzoni scorrono una dopo l'altra come l'acqua, la maggior parte leggere, lente e soffuse ("Navegando"), qualcun'altra appena più veloce o indiavolata ("I Wanna Love You Like A Man").

Basta la canzone d'apertura, "Baby Don't Hurt Yourself", per avere la sensazione di lasciarsi cullare in un bagno caldo, con le candele che tremolano sui bordi della vasca e le chitarre slide che ti soffiano sottopelle... oppure nella dolcezza del duetto "The Party Is Over", una malinconia che sa di festa finita, con la casa da riordinare e la speranza a rimbombare nel cuore come la ritmica del ritornello. È vero, alcuni brani possono passare inosservati ("Hate", "Little Girl"), ma se uno ascolta senza farci caso sembrano voler traghettare l'ascoltatore sopra quest'acqua da una canzone ad un sussurro ("Wayward Daughter"). E se per un momento possiamo essere distratti dall'epicità della coda di "Thin Air", con il suo pianoforte saltellante e la sua coralità accennata, presto si ritorna su toni da filastrocca quasi scherzosa con "Allegro Ma Non Troppo" -per due minuti Isabel bisbiglia "I'm allegro ma non troppo, dove e la, dove e la feliccita", testuali parole dal libretto-, per finire con il crescendo folkeggiante di "Flying Down To Rio".

Per non contraddire questa intimità, questa coerenza interna, per dirla tecnicamente, il disco si chiude mormorando sottovoce, fino alla ghost track, dove voce acustica e violino passeggiano tenendosi per mano lungo uno spartito che non c'è. Non aspettatevi il non plus ultra dell'indiefolk acustico: come ho detto all'inizio non è niente più che vento che passa tra le foglie, "Songs For The Jet Set" non ha nulla di pretenzioso, è solo un piccolo semplice disco registrato in undici giorni di maggio, con una settimana di prova alle spalle e l'ultimo giorno per la missaggio, come dice il libretto -più che libretto, un foglio piegato in quattro, con i testi e le foto dell'avventura di una bambolina-. da"Wayward Daughter"

"If you could see the morning light / Coming through this winter sky / So the mystery unfolds / When the black turns into gold / Long time ago I had a friend / Who told me nothing matters / Then she says “Well then again, life's no laughing matter” Look at all the crazy people / Running in the dark against the light / Look at all the crazy people / I wonder what goes on inside their minds / I think of you like no one else / Like a wayward daughter / So it seems I had to go / Blood can run like water"

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