Nella sua interezza questo album denota sicuramente una struttura più solida rispetto ai lavori precedenti ("The Darker Side Of Nonsense" [2001], "The Dead and Dreaming" [2004] Ndr), un aggressività più controllata e dosata tanto che i pezzi si protraggono in modo uniforme nella loro durata, incasellati in una track-list che nella seconda parte denota un po' di ripetitività.

Detto questo passiamo ad analizzare il primo brano, una overture strumentale che sinceramente non reputo un colpo di genio, monotona e che non lega con il brano successivo (cosa che in teoria dovrebbe essere nella sua stessa natura). "My Dying Heart", dura e cruda, si apre con una battaglia chitarra-batteria nella quale subentra Mr. Rigano, dimostrando tutta la sua maturità vocale ormai consolidata: l'andamento è un'alternanza fra passaggi carichi e frammenti vocali ben orchestrati che fanno scorrere i 3 minuti del pezzo. "4039" segue le impronte della track precendente, forte impronta vocale, ritmo accelerato che si lega a sequenze più "corali" (musicalmente e vocalmente); buona la seconda. Il terzo brano, "Caught In A Storm", è alquanto strano dato che in molti punti la parte vocale è altisonante rispetto alla base, forse volontariamente a crearne una forma sperimentale, che sicuramente lo rende diverso dal resto dell'album; nella complessità la forma di questa traccia è in toto simile alle restanti. Quarto pezzo, "From Victim to Killer" è potente, mantenendo l'aggressività per intero. Da notare a metà del secondo minuto un breve e veloce assolo di Mr. Bozzi, migliorato rispetto alle perfomances dei vecchi lavori, che dà quel pizzico di spinta in più al pezzo.

"The Innocence Of Genius" è un simpatico intermezzo, niente di emozionante, ma che scinde l'LP in due parti distinte (la seconda meno azzeccata); questo perchè dopo la settima canzone ("Boneyard"), un pò monocorde che non si risolleva dalla forma assunta sin dalle prime battute, incontriamo la prima delle due ballate cioè "Kingdom Of The Blind", leggera e orecchiabile che ricorda vagamente uno stile Nickelbackiano, alla quale seguiranno brani che non danno quella marcia in più all'intero lavoro. Difatti dopo il relax dell'ottava traccia ci si imbatte in "Dead Mans Eyes", che si apre in una pioggia di decibel impazziti; tutto si accende, inizia la battaglia. Questa enfasi purtroppo si perde dopo il secondo minuto, nel quale l'armonia distruttiva iniziale decade facendo spazio a riff ripetuti e vocalizzi filtrati che non rendono giustizia, anzi abbassano il rendimento emotivo pian piano fino a spegnere gli entusiasmi iniziali. Occasione mancata. Come detto precedentemente la seconda parte non è all'altezza delle prima (dalla seconda traccia alla settima per intenderci); ed infatti per confermare ciò ecco "Confidence Vs Consequences" poco significativa e con un ritornello non troppo interessante, ripetitivo; "Breaking The Broken" non decolla, legata allo schema "urlato-riff di chitarra-mix di entrambi" e via discorrendo, il tutto fuso con strofe loopate un pò stancanti.

Penultimo brano "Lying Through Your Teeth" un pò meglio rispetto ai suoi cugini precedenti, con una fase vocale centrale molto orecchiabile e ben costruita con l'urlato che fa da sottofondo. Ed infine ci ritroviamo ad allietare il nostro udito con la seconda ballata "In Memoria Di", fin troppo tranquilla (stile "Goodnight" de "The Darker Side Of Nonsense", Nrd) e scontata, legata ai canoni classici del "facciamo che l'ultimo pezzo sia easy così chiudiamo in bellezza"; non sempre vero. Dulcis in fundo bisogna riconoscere in questo lavoro lo sforzo e la volontà dei DKL di auto-convalidarsi e farsi riconoscere band metalcore a sé stante dalla realtà commerciale americana: riconoscimento concesso.

“Of Vengeance And Violence” è musicalmente più curato e ricercato, ricco di sfumature che si appoggiano al metal classico ma con una strizzatina d'occhio al Thrash classico (chitarre lanciate in passaggi veloci ma sonori con batteria al seguito), con canzoni che nel bene o nel male sono equilibrate al punto giusto, accompagnando un ascolto che rimane sostenuto nella prima parte ma che si affievolisce nella seconda, adagiata sullo schema dei pezzi iniziali. Si nota l'evoluzione in positivo rispetto ai loro precedenti album, facendo del suddetto il prodotto più valido. Devo ammettere che il connubio ripetitività-forza rimane indissolubilmente il marchio di fabbrica di questo gruppo newyorkese che sta vivendo un periodo di crescita, non ancora conclusa.

Attenderemo il loro prossimo lavoro, ulteriore passo verso la maturazione che tutti attendiamo.

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