Ah, i Duran Duran. La Bibbia degli anni '80. Il gruppetto che faceva impazzire le ragazzine e che tutti gli altri odiavano, al pari dei coevi Spandau Ballet (ma, parere mio, i Duran Duran erano più bravi), salvo poi rivalutarli perchè, in fondo, "Rio" non era mica così male. Per chi scrive era bellissimo.

Poi certo, finiti gli anni '80 sono finiti pure loro, e le opere successive hanno lasciato il tempo che hanno trovato. E non ne hanno trovato. Però un bel "Best of" può risolvere le crisi di vendite.

Ed eccolo qui, puntuale. Uscì il 3 novembre del 1998 e, nonostante loro fossero già stati dimenticati e le loro fans diventate mamme, la raccolta vendette un botto (un milione di copie solo negli Usa), segno che, come dice quel tale, non si esce vivi dagli anni '80.

Oltretutto la raccolta, che ascolto sempre volentieri, è onesta e corretta, contiene il giusto, 19 canzoni, e non manca nulla. Dalle perle di "Rio" ("Save a prayer", "Hungry like the wolf"), agli inni generazionali ("The reflex", "The wild boys", che era bruttina lo so), fino alle hit di inizio anni '90, cioè gli ultimi fuochi, quelli corretti, forse un po' risaputi, ma efficaci di "Ordinary world" e "Come undone". Passando dall'immortale, per me clamorosa, "A view to a kill".

Un'ora e venti circa di anni '80, di edonismo reaganiano, di "Drive In" all'italiana, di spalline e paninari, di maranza (che sono ritornati, ma in un modo meno poetico) e ragazzine con le fregole che volevano sposarsi Simon Le Bon (ci hanno fatto anche un film, brutto, bruttissimo).

Che dite? Vi fa ribrezzo quell'epoca lì. Ecco, pensate a come stiamo messi oggi, forse la rimpiangerete, e ditemi se qualcuno potrà produrre un nuovo "Rio". No, non credo.

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