Parere personale. Si è parlato troppo (talvolta inappropriatamente) e scritto veramente poco in occasione del decimo anniversario dalla scomparsa di De Andrè. A tal proposito avrei voluto inventarmi una pagina geniale, ma non conoscendo nel dettaglio l'opera del cantautore genovese, ho preferito declinare nella speranza che qualcuno lo faccia al mio posto.

Tuttavia è sempre la ricorrenza di un altro triste anniversario a spingermi a scrivere di un' artista a me altrettanto cara che è riuscita ad impreziosire, in maniera a volte frizzante, a volte con colori intrisi di malinconia, sorprendenti paesaggi in musica. Mi riferisco a Dusty Springfield (1939-1999), personaggio icona in patria (inglese di Londra) dal timbro inconfondibile, esplosa in piena british invasion (quella dei Beatles per intenderci), che, a partire dagli anni sessanta allo stesso modo della Mina nazionale e di Dalida, riuscì a trasformare complesse partiture, a firma dei più grandi nomi dell'epoca, in brani accessibili e di ampio respiro. In una parola: Pop di altissimo livello.

Etichettata già al suo esordio da urlatrice in "I Only Want To Be With You" come prima vera voce soul bianca, Dusty si distinse per peculiarità timbrica ed impeccabile consapevolezza tecnica, nonché, e da non sottovalutare, grandissimo allure e fascino-persona. Dispiace, infatti, riconoscere che nonostante le numerosissime interpretazioni la cui voce rimanda, l' immagine di Dusty, donna delicata e raffinata, abbia fatto breccia in maniera meno incisiva rispetto alle canzoni.

Fortunatamente, a ridare giusto equilibrio fra queste imprescindibili metà, ci pensa la raccolta "Simply... Dusty" (2006) splendidamente curata, sia nella scelta delle canzoni, che nell'apparato fotografico-narrativo. Quattro cd ed un book per dare merito ad un'artista che, oltre ad essere stata esempio altissimo di un fare musica nel massimo rispetto di autori ( ricordiamo fra gli altri Bacharach, Wrexler, King, Newman, Bergman, Costello...) ed ascoltatori, ha rappresentato quella parte di Englishness tutta charme ed eleganza che veniva con successo esportata assieme ai baronetti.

Il supporto fonografico ripercorre, lungo quattro cd, la carriera di Dusty, dagli esordi col fratello nei The Springfields al primo solo in Denim (la copertina, ricordate?) di "A Girl Called Dusty"; dalla fase melò-orchestrale di "You Don't Have To Say You Love Me" alla magniloquenza di "Son Of A Preacher Man" (Dusty... in Memphis), dalla sobrietà del Philly Sound ("From Dusty With Love") alla misconosciuta grandezza di "Cameo". Dal buio dei tardi anni settanta alla riscoperta in salsa synth-pop di "Reputation" firmata Pet shop Boys.

Novantotto brani (!) fra discografia ufficiale ed un-released (bellissimi i quattro estratti dal mai realizzato "Longing" e la versione di "You've got a friend") a dimostrarci quanto i commenti in appendice (Costello, Midler, King, E. John, Pet shop Boys, B. Bacharach, McCartney, The Carpenters, P.Clark, Cliff Richard) siano sinceri e partecipi nel raccontare l'affezione verso una straordinaria interprete scomparsa troppo prematuramente.

Mai come in questo caso mi sento di consigliare questa raccolta che riunisce splendidi classici (Losing You, Wishin' and Hopin', I Just Don't Know What To Do With Myself, The Look Of Love, All Cried Out, Doodlin', See All Her Faces, Am I The Same Girl, Going Back,...) ad un apparato fotografico-documentale ricco e complementare.

Questa volta la musica e le immagini davvero si fondono sincronicamente alfine di illustrare frammenti importanti di costume e storia musicale. Una storia che indubbiamente non sarebbe stata la stessa senza la voce "polverosa" ed il meraviglioso vibrato di Dusty Springfield.

P.S. Per chi non conoscesse Dusty Springfield questa raccolta (a prezzo molto contenuto) rappresenta un acquisto definitivo. Per chi invece volesse anche approfondire suggerirei senza dubbio l'ascolto di: "Dusty In Memphis" (1968), "A girl Called Dusty" (1964), e "Cameo" (1973).

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