E’ un po’ per caso, un po’ per fortuna, che mi sono ritrovato tra le mani questo disco e, secondo me, vale la pena concedergli un ascolto.

Se i precedenti lavori di Dwayne Sodahberk (“Don’t Want To Know” e “Unfortunately”) erano incentrati sull’elettronica sperimentale e potrebbero risultare un tantino ostici per coloro che non masticano il genere, con “Cut Open” la musica cambia. L’introduttiva “Cambiocorsa” ne è un esempio lampante. Nei suoi tre minuti scarsi, racchiude un po’ il succo di ciò che ci aspetta con l’ascolto dell’album. L’elettronica si eclissa, per lasciare spazio a  sonorità acustico-pop-folkeggianti, con glitch, noise e scariche elettriche (“Open Cuts”) ancora presenti, ma ora in secondo piano, dando vita ad un opera molto più commestibile.

Il disco, uscito il 1° maggio del 2006 per la Tigerbeat6 (di cui il fiore all’occhiello è sicuramente Kid 606), è costellato da 15 ballad, pregne di sognanti melodie acustiche, eccezion fatta per “710”, unico episodio prettamente folktronico, con i glitch e i synth a farla da padrona. “White Hand” e “Tell When You Wak” sono esempi di un Indie-pop raffinato. Trasuda invece una dolce malinconia “Late Summer”. A cantare e suonare i vari strumenti c’è quasi sempre Dwayne Sodahberk, con l’apporto di alcuni guest: Liz Hysen (Picastro) su tutti, che (in)canta in tre canzoni oltre a suonare il violino, Mariah Kihlberg (Revlon 9), che presta la voce in due brani e Per Hellquist (che lo accompagna anche durante i live).

Non starò qui ad annoiarvi/mi con altre ciance riguardo le somiglianze con altri artisti e le influenze del disco, un po’ di mistero per far crescere la curiosità mi sembra la scelta migliore. Non sarà una pietra miliare, magari non segnerà alcuna svolta e non sarà un punto di riferimento, ma, a mio modestissimo parere, resta un godibilissimo album.
Non mi resta che augurarvi un buon ascolto.

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