1992

Lo specchio è frantumato. Le decine di pezzi, più grandi e più piccoli, sono sparse per un tappeto rosso, tessuto e annodato da piccole mani. E' il rosso delle rose, il rosso più violento del sangue e i frammenti dello specchio, malamente lacerato, fanno rimbalzare negli occhi il colore del cielo, che si lega con il rosso come a voler soffocare lo sguardo. E' il claustrum dell'uomo la sua richiesta di essere chiuso e protetto, in antitesi alla necessità di vivere ed operare in ambigua libertà.

Gli anni '90, anni di assoluta ripresa del progressive, sono stati segnati da molte isole felici all'interno di un angosciante, soffocante, obliqua, strategia discografica, che non ha fatto altro che chiedere canzoni da vendere e musica da smerciare come pannolini ai neonati. Tra queste isole felici, una delle più illuminate, una di quelle che non ha mai accettato compromessi di sorta, che ha voluto - costi quel che costi - vivere il mercato alle proprie condizioni, è quella che risponde al nome Echolyn. Dalla Pennsylvania cinque tecnicissimi strumentisti, dotati di quelle sublimi capacità che un tempo venivano esaltate dalle classifiche di Billboard, capaci di comporre cose complicatissime e presentarle come fossero canzoncine pop, in grado di sviluppare idee brillanti catturando i germogli dalle piante seminate vent'anni prima e - per strani casi - mai sbocciati. Autori dotati di intuizioni uniche, eleganti quanto una danzatrice classica e potenti come un sollevatore di pesi.

Questo secondo disco richiese un intero anno di lavoro, passato quasi interamente dietro alla composizione e ci regala oltre settanta minuti di splendide trovate con la prima parte divisa in dieci brani distinti tra i funambolismi ritmici e quelli vocali dell'opener "21", la travolgente introspezione di "Memoirs From Between", i sublimi paesaggi naif di "In Every Garden". Saltano fuori spesso Esercizi di devozione all'amalgama vocale dei Gentle Giant, sicuramente gruppo di riferimento della Band. Ancora esplosioni sonore e frenesie elettroacustiche con "The Sentinel Chain", "A Little Nonsense" e "Cactapus". Poi la seconda parte: una super "Suite For Everyman" di oltre 28 minuti, suddivisa in frammenti dalla bellezza poetica e la cui varietà cromatica ci fa capire quanto la generosità lessicale e musicale degli Echolyn sia stata cosa di pochi. Emozioni strabordanti, energie che si insinuano tortuose negli spazi cerebrali, arricchendo i neuroni impoveriti dai suoni insulsi che quegli anni regalavano le modulazioni di frequenza. Particolare non da poco l'altissima attenzione per i testi, graffianti, colti, profondi e legati perfettamente all'andamento sonoro dei brani.

Disco di ricerca, disco di recupero. Ricerca di suggestioni ed emozioni e loro recupero attraverso una forte sollecitazione sensoriale, in un percorso che non si concluderà mai al primo ascolto, richiedendone altri e altri ancora, fino a ricomporre quello specchio di sensazioni di cui si narrava in apertura.

Sioulette.

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