Lo faccio o non lo faccio, lo faccio o non lo faccio? Lo faccio, ma certo che lo faccio! L'occasione è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire, lo faccio così per vedere l'effetto che fa, per soddisfare il troll che è in me, per il puro e semplice piacere di tirare un sasso in uno stagno, di godermi lo spettacolo sempre esilarante di qualche puritano scandalizzato di passaggio; ma lo faccio anche per sincerità, perchè quando parlo di qualcosa lo faccio sempre perchè ritengo che tale argomento sia degno di analisi ed approfondimento: gli Eiffel 65 ne sono degni, questo disco ne è degno.

Ma tu guarda se dovevo andare a "scoprire" quant'è bello questo disco a ventitrè anni suonati, fuori tempo massimo ed ormai fuori moda, relegato nell'armadio degli scheletri e ricordato da coloro che ascoltano bella musica con un certo imbarazzo se non proprio orrore, quando potrei benissimo farmi figo buttandomi sul progressive o sulla psichedelia... ah, al diavolo, a me gli Eiffel 65 piacciono, e mi piacciono specialmente in questa veste: grezzi, dozzinali, copioni, per giunta in italiano, senza quell'aura "international" della lingua inglese. Ebbene si, per me un contenuto di basso spessore è sempre e comunque meglio di un contenuto farlocco o di uno che non mi appartiene: tra rabbie finte, tristezze da copione e neoculturame d'accatto preferisco di gran lunga questo, un po' di puro e semplice cazzeggio in totale divertimento anche perchè, inutile negarlo, 'sti tre ragazzi il loro mestiere lo sapevano fare e pure molto bene, purtroppo per loro l'essere italiani si è rivelata una condanna all'oblio, per motivi prettamente culturali secondo me.

Per appartenere a tutti gli effetti al pantheon delle superstars musicali del Belpaese infatti le opzioni sono più o meno le seguenti: 1-pop mellifluo che piaccia a mamme e figlie 2-rock e populismo di terza mano 3-sapersi costruire un'immagine alternativa e magari pseudopoliticizzata, senza disdegnare ovviamente il palco dell'Ariston. Gabry Ponte & Co, che non rientrano in nessuna di queste tre categorie, sono stati una meteora, capaci di guadagnarsi grandi soddisfazioni di classifica ed una cerchia di estimatori affezionati, ma comunque visti con sospetto, con diffidenza, come una moda passeggera di cui liberarsi al più presto dal cosiddetto grande pubblico, lo stesso grande pubblico che riempie gli stadi ai concerti dei soliti innominabili noti. Gli E65 ci hanno provato, hanno provato ad allargare gli orizzonti del pop italiano, tra l'altro in un ambito dove possiamo comunque vantare una tradizione di un certo livello (anche se quasi ce ne vergogniamo), senza mai fingere di essere nulla di diverso che onesti truzzi capaci di scrivere melodie trascinanti e di grande impatto, meravigliosamente naif, con tutti i loro limiti, che sono parte della personalità di un artista tanto quanto i pregi.

Già, ma che dire del disco? Musica leggera, in tutti i sensi, l'ideale quando si ha bisogno di un sorriso, di una carica di energia. Avevano un'ironia tutta loro questi Eiffel 65, ironia ed una grande umanità, la dimostrano nel raccontare la loro storia, la storia di un gruppetto di provincia che si ritrova catapultato nel grande gioco della celebrità, "sopra un palco per tutto il mondo", ma destinato a rimanere per sempre legato a quella provincia, una realtà che conoscono benissimo, di cui mettono ingenuamente ma genialmente a fuoco tutti gli splendori e le mediocrità in "figli di pitagora". Una chiave di lettura interessante che si può dare ad "Eiffel 65" è quella di interpretarlo come un concept album incentrato sul carpe diem, "chi vuol esser lieto sia, del doman non c'è certezza", è un leitmotiv che si ripresenta continuamente, in "viaggia insieme a me", "una notte e forse mai più", "non è per sempre", "like a rolling stones", anche e soprattutto nella deliziosa divagazione reggae di "oggi". La semplicità può essere un toccasana, con una mente libera ci si accorge di come qui dentro, in questo dischetto ci siano un bel po' di canzoni pop di valore, gradevoli, spensierate, senza pretese astruse, oserei dire inebrianti se ascoltate nei momenti giusti e con lo spirito giusto, e soprattutto c'è una sincerità di fondo che da ragazzo schietto quale sono non posso che apprezzare e poi, ammettiamolo, quelle linee di piano che spuntano qua e là hanno decisamente un loro perchè.

Ed ora chiudo questa mia apologia, coming out, farneticazione, chiamatela come volete, senza aggiungere nient'altro: ognuno tragga le conclusioni che preferisce, e mi raccomando occhio alle stelline!

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