Chiudi gli occhi e viaggia lontano

Partiti da uno stoner rock massiccio e roccioso, con l'andare del tempo i berlinesi d'adozione Elder hanno infuso nella loro musica sempre più elementi progressive, secondo un percorso non dissimile da altri artisti, come i norvegesi Enslaved. Omens, quinto full-length della band, è l'acme, il culmine di questa evoluzione, ed è il capolavoro di una discografia solidissima.

Non fatevi ingannare dalla statua in copertina dal sapore vagamente vapor: Omens è un tripudio a fortissime tinte prog dove fa ancora capolino la durezza stoner degli album precedenti. Cinque tracce lunghe in media dieci minuti ciascuna: una chiara dichiarazione d'intenti. L'opener, che dà anche il titolo all'album, fissa le coordinate dove ci muoviamo: esplosioni di chitarre granitiche inframmezzate da lunghi fraseggi più lievi, monologhi in musica che non annoiano (quasi) mai. Ad alcuni non sono piaciute le vocals di Nick DiSalvo: per me, invece, si adattano molto bene a questo stile. Dopo In Procession, contraddistinta da un favoloso passaggio centrale dal gustoso aroma metallico, si arriva a Halcyon: 4 minuti di dialogo chitarristico prima di accendere i motori e partire per le lune di qualche esopianeta; un senso di comunione col cosmo. One Light Retreating colpisce sapientemente il cuore e chiude degnamente l'album; la precede Embers, dove l'equilibrio prog/stoner dà forse i suoi risultati più brillanti, condito da alcuni riff succosissimi: per me la migliore del lotto, ma sono tutte splendide, per quello che è il mio disco dell'anno 2020.

Due anni dopo gli Elder avrebbero pubblicato Innate Passage: sempre un bel sentire, ma meno memorabile e ispirato. Spero in un altro capolavoro, ma superarsi non sarà facile...

Alla prossima.

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