Io so che tu sai che io so. Ma anche... tu sai che io so che tu sai. "Insospettabilità" ufficiali: "Fai quello che vuoi sarà la tua legge", l'apprendista stregone-massone Crowley fa solo danni.
La mistificazione di un film all'apparenza politico, siringato di ideologie che si incontrano nella loro truffaldina diversità, di un potere subdolamente curativo, frustato di vendite al mercato di un palese schiavismo "democratico", è il filtro per far digerire la deriva delle verosimiglianze che ci hanno portato al delirio di onnipotenza dove un decisionismo pompato nel frequentare solo un inesistente libero arbitrio ci ha allontanato ulteriormente dal nostro Dio interiore, dove ego e vanità hanno preso il posto del senno e comandano amenità omicide, dove un'arroganza psichica giudica sotto cappella demoniaca.
La camera di Elio Petri, non di meno con la musica di Morricone, si muove sotto l'egida della geometria sacra e simbologia massonica, coadiuvata da un'autentica vittoria di Pirro (Ugo), benedetta dalla presenza del fantasma di Max Brod, redivivo sensale nello scoperchiare ancora una volta l'oscenità del servilismo all'autoinganno che il suo amico vegetariano Franz "Taccola" (Kafka) non voleva divulgare.
Il contentino superficiale di queste ovvietà sul comando è servito e la parte mostruosa invisibile della volontà di potenza cannibale, che il film nella sua sostanza comunica, rimane accessibile solo a chi è coscientemente dentro e attivo nell'eterna lotta tra il bene e il male. Questo si che è la dimostrazione di una Matrix Plutocratica-Marxista di un dividi et impera asfissiante rispetto a quell'americanata globalista di Mr. Smith's tutto sommato sempliciotti, e di un Keanu Reeves che non risolve il problema combattendo sempre in un contesto di dualità.
Petri fa cronaca dei misfatti non giocando al boomerang di una contrapposizione delle parti, anch'essa indotta da indicizzate costrizioni occulte. La finezza nel capire la forma mentis alterata da glorie, successi e onorificenze terrene, è spudorata e blasfema nel finale del film dove il commissario nel suo "doppio sogno" viene ricondotto all'ovile rifirmando il contrattino in bianco e nel commiato col questore e la sua corte Volonté dice "...c'è un nemico in libertà che conosce i fatti che li userà contro il potere, contro Dio!" e il questore risponde "Quello è un conto aperto". Ecco lì c'è tutta l'essenza del film, altro che lotte di classe, qui c'è guerra di dannazioni.
La moltitudine in fila per un posto da cameriere di satana, e un Antonio Pace lì a combattere consapevole che la lotta è psichica. Dimostrazione della sua forza angelica (crine riccioluto al seguito) la sfioriamo all'interrogatorio nelle segrete della polizia di stato (tutto in minuscolo), dove non concede al "dottore" un'assoluzione collusiva col vivere nella menzogna di tutti, ma lo mette alle strette nell'abbandonarlo alla legge di causa-effetto non dando il consenso all'abuso criminale del nepotismo del potere terreno. L'inquisizione inquisita divinamente.
Il film è spietato, fiacca nella sua lucida cronaca impotente di una situazione di stupro continuo alla nostra essenza, dove un pantagruelico dilaniamento a "Terzi" è continuo nel suo monoteismo colpevolizzante, dove l'energia della carne e sangue regnano sovrani e vengono macellati con una freddezza che paralizza anche l'ondata di orrore che dovrebbe scatenarsi contro l'abuso reiterato alla nostra anima, ma che si trasforma in rassegnazione nell'essere travolti da tutto questo schifo di vite perse, maleodoranti zolfo, che continuano ad affossare armonia, creando proselitismo dannato con ricatti e discriminazione, ma che si scavano una fossa senza fine per le loro imperdonabili bestemmie.
Mettetevi l'anima in Pace che non è un film di denuncia. Come le lobby farmaceutiche creano fantomatiche malattie per vendere le medicine, l'élite filantropica disumana atrofizza le anime trasformandole in confidenti e servi del cornuto dove tutti devono avere "obbligatoriamente" una funzione e un prezzo per essere, a comando, innescati nel "tutti contro tutti" gleba-lizzato. La "spontanea" confessione di Panunzio, indotta forzatamente all'apparire dinanzi alla truffaldina Autorità costituita, è tutto dire: giuro di dire la "verità" che mi imponete di dire, il Processo kafkiano è sempre dietro l'angolo.
Il rigurgito di salvazione del Gian Maria "Dottore" rimane impotente perché passa nel confondere l'aberrazione di un omicidio lucidamente psicopatico con un sacrificio propiziatorio ad un battesimo di sangue offerto al riflesso di una resurrezione della carne, carne che però rimane sessualmente incompetente. L'Augusta Terzi dall'oltretomba glielo dice di non continuare nell'inseguire Giustizia e di rimettersi nei ranghi. Si tratta dunque di un fanatismo deviato spacciato per misticismo, in linea perfetta con i banchetti molochiani della tavola cattolica. Si parte da turbamenti antitetici al disagio di denuncia amletico dove non esiste alcuna base morale in suffragio al voler educare la massa "democraticamente".
Il farsi voler scoprire puzza di redenzione fuori dall'ottica religiosa monoteista, ed ecco che qui entra Kafka ma non tanto coi romanzi quanto con i suoi ancora più criptici racconti e "Smascheramento di un imbroglione", titolo quanto mai in sintonia con la pellicola, calza a pennello col tentativo "ridicolo" del commissario di tirarsi fuori dall'occhio della piramide. Occhio omnisciente sulla realtà materiale che vediamo manifestato in quella scena dove tagliuzza la cravatta sopra al cesso e si accorge in ritardo di essere osservato dalla finestrella del bagno da un "lavoratore" potenziale delatore, chissà...
D'altronde chi accetta il gioco dell'Oculo, che a priori tutto vede e tutto sà, sottostà all'inganno della conta del "tempo è denaro" e il protrarsi al mal accompagnarsi assuefà a tal punto che alla fine, con una tirata d'orecchie, tutto ritorna nelle fila della narrazione delle possessioni. E il protagonista del racconto di Franz Kafka dice "Scoperto! Dandogli un colpo leggero sulla spalla", al sussurratore parassitario, smascherando momentaneamente l'imbroglio della vita e "avanti un altro", conoscendo la persistenza costante e graduale dei disturbatori astrali.
Lui ci riesce, il commissario ancora no e viene rimesso in riga da una magia nera che si nutre di sofferenza della carne dove la piovra ormai ti avvinghia inesorabilmente: "Tutto questo palazzo è una grande tomba!"
E come mi presento io, anarchico individualista, si battezza il Pace, l'unica figura che non gioca alle slot machine di triturazione anime, che combatte il volere di un'immutabilità dello stato delle cose: "L'uso della libertà minaccia da tutte le parti il potere costituito". Che poi la solita inquisizione, che si indicizza nell'evoluzione, è sottoterra nella sua semplicità del "perseverare", ma ancora dannatamente efficace:
LA REPRESSIONE È IL NOSTRO VACCINO! REPRESSIONE È CIVILTÀ!"
Avanti popolo, confessate la vostra innocenza... Beeee!
Carico i commenti... con calma