Vale la pena di recensire anche qualche classico arcinoto, di quelli davvero scontati, perché le generazioni si succedono e poi succede che qualcuno crede che "American Woman" l'abbia scritta Lenny Kravitz. "Emerson, Lake & Palmer" (1970) è il fulminante esordio del trio progressive per eccellenza, ideale prosecuzione (al cubo) dell'avventura dei Nice, laddove il fuoriclasse delle tastiere Keith Emerson si stanca di suonare con delle mezze calzette e decide di trovarsi due compari alla sua altezza. Ingaggiato il cantante e bassista dei King Crimson ed un incredibile batterista (che gli Atomic Rooster, bontà loro, non meritano), provvede con loro ad incantare le folle del Festival di Wight con una trasposizione violentemente progressive rock dei Quadri di un'Esposizione di Mussorgsky; dopo di che la Atlantic apre le porte degli studi di registrazione ed i tre riversano tecnica, cultura musicale e feeling (diventeranno più freddini qualche anno dopo) nell'album di esordio.

"The Barbarian" apre il disco arrangiando l'Allegro Barbaro di Bela Bartok, primo di una serie di compositori ad offrire spunti musicali al trio: i compositori risulteranno quasi sempre appartenenti al ventesimo secolo, a testimonianza del piglio antiromantico del leader (a questo penserà, proverbialmente, Greg Lake). Le tastiere sono il massimo che all'epoca si possa sognare, per suono, tecnica, varietà e complessità di partiture; il basso disegna linee ardite e frequenti, anche sulle note alte, ed è decisamente "presente"; le percussioni sono letteralmente incredibili, Carl Palmer vincerà per anni e senza colpo ferire tutte le classifiche specializzate, anche perché un uso così esteso dei rototoms e la velocità della cassa sembravano impensabili all'epoca. Lake piazza poi il primo colpo romantico della carriera, la lunga e meravigliosa "Take a Pebble", che ospita un pianoforte virtuosissimo ed un interludio di chitarra acustica in "pianissimo", quasi ad evocare l'atmosfera bucolica ed i cerchi nell'acqua provocati dai sassolini del titolo. "Knife Edge" è un grande classico della band, adattato dalla Sinfonietta di Janacek (assolo d'organo preso da Bach) con estro, rock e atmosfere apocalittiche e dark, notevole prova vocale di Greg ed un finale ottenuto manipolando il nastro della take originale. Sulla seconda facciata, "The Three Fathes (Clotho - Lachesis - Atropos)" pone in sequenza tre pezzi di bravura del tastierista, rispettivamente Organ Solo - Piano Solo e Piano Trio, per sfumare nella celebre "Tank", strumentale idealmente in tre parti anch'esso: una prova di grande virtuosismo, stop and go al fulmicotone e tante di quelle note da confondersi, prima di un tremendo assolo di Palmer ed il famoso finale jazzato che fu anche una sigla televisiva in Italia. Il singolo dell'album, che è anche il brano più noto del trio, è infine la celeberrima "Lucky Man", ballad filosofica dai cori maestosi ed un finale di sintetizzatore e mellotron che ha davvero fatto epoca (chiedere alle Orme...).

La leggenda degli ELP nasce con questi sei brani, quattro dei quali diverranno classici sia per la band che per il progressive rock in generale. Seguiranno altri albums sempre più ambiziosi, suites e mini-sinfonie, inni sacri e divertissements honky-tonk, poi gli ELP non sapranno più come superarsi (anche dal vivo: il triplo album live del 1974, un'ora e cinquanta minuti, consta di soli sette brani) e finiranno per lasciar perdere.

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