Questo disco fa schifo. E puzza, pure. Così sarà contento il venerato maestro Eddy Cilìa - alla cui scuola mi sono formato - che qualcuno ancora ricordi una delle sue più memorabili uscite; non rammento a che proposito se ne uscì in tal guisa, ma son questioni di lana caprina.

Concordano sul punto i sommi Roberto Caciotto e Giancarlo Radice che, nel 1982, scrissero il fondamentale «Note di pop inglese» e furono loro che mi fecero odiare a prescindere Emerson, Lake e Palmer, alla pari dei Kiss.

Invece Eddy mi insegnò ad odiare i Sigue Sigue Sputnik, ma questa è un’altra storia e presto ve la racconterò.

Permettete che mi presenti, com’è buona educazione entrando per la prima volta in casa altrui. Sono Trashman e scrivo solo di opere immonde, ossia di immondizia. Ma essendo persona di gusti squisiti, il mio giudizio è e sarà sempre frutto del pregiudizio. Io, le opere immonde su cui sputerò il mio giudizio, non le ho mai nemmeno degnate di un ascolto nè di uno sguardo.

Però so che «Love Beach» fa schifo e puzza.

Perché fa schifo e puzza la copertina. La più ignobile che sia mai stata realizzata, e di sicuro qualche gonzo avrà pure lautamente compensato il fotografo Jim Houghton per l’oscenità. Tre tamarri tali che Enzo, in procinto di affrontare il tour del sesso in Polonia, pare il professor Gian Luigi Beccaria.

Non so quale sia Emerson, quale Lake e quale Palmer.

Comunque ...

Il primo da sinistra, di bianco vestito, è il più orrido dei tre. Sporge il bacino in avanti e sembra voler ostentare il “pacco” e, proprio a quell’altezza, sulla coscia destra si nota un rigonfiamento inquietante, indecente. Dalla cintola in sù, meglio non dirne. Camicia completamente sbottonata su un petto ricoperto dalla folta peluria, sovrastato da una collana da cui pende un ciondolo indecifrabile, il tutto sormontato da un viso coronato dal sorriso più ebete che abbia mai ammirato.

Quello al centro si distingue per la camicia rossa sbottonata ed annodata in fondo, com’è uso delle più floride pornostar, ma un conto è immaginare un seno statuario, un conto ben diverso trovarsi di fronte ad un petto ed ad un torace che di statuario hanno ben poco, ancora una volta ricorperti da abbondante peluria, stessa collana da cui pende lo stesso ciondolo indecifrabile, il tutto sormontato da un viso coronato dal secondo sorriso più ebete che abbia mai ammirato.

E sia benedetta la fuunzione cut&paste.

Sul terzo non ho motivo di infierire e rimprovero solo la camicia abbottonata a metà, da cui fa capolino l’immancabile, fluente vello.

Qualcosa di talmente pacchiano che persino il cast di «Love Boat» rifiutò di comparire. Talmente pacchiano che neppure il fotografo che immortalò Eric Clapton sulla copertina di «August» seppe far peggio.

Non ce la faccio ad estrarre il vinile, il muro del pregiudizio è insormontabile. Provateci voi a prenderlo in mano, quel vinile.

Però ho la certezza incrollabile che «Love Beach» fa schifo e puzza.

E come se non bastasse, furono sempre loro ad intitolare un disco «Welcome Back, My Friends, to the Show That Never Ends - Ladies and Gentlemen Emerson, Lake & Palmer».

Così, da trentanove anni, questo disco sta nella mia discoteca, come d’autunno sugli alberi le foglie.

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